Arte
contemporanea allo scoperto/1
Il Parco
d'Arte Ambientale La Marrana
di Lara
Conte
"Il
campo e il bosco e la roccia e i giardini sono sempre stati per me un
solo spazio e tu, mia amata, li trasformi in luogo". Sono questi
versi di Goethe, tracciati con piccole luci che si accendono e si spengono
a intermittenza su una bicicletta completamente dipinta d'un azzurro smagliante,
a rischiarare il percorso del visitatore che giunge presso il Parco d'Arte
Ambientale di Gianni e Grazia Bolongaro in località La Marrana
di Montemarcello (Ameglia, La Spezia). Quella bicicletta, opera-installazione
di Lorenzo Mangili, si propone - come ci rivela lo stesso artista - quale
"caballa" (dizione arcaica della ebraica càbala), intesa
come "cavalla necessaria lungo i sentieri impervi della conoscenza".
Sta lì, quasi a invitarci a varcare il cancello della splendida
residenza privata dei Bolongaro, per accompagnarci ad intraprendere un
viaggio nel parco, che ormai accoglie una affascinante collezione d'arte
ambientale. Il programma "Le aperture della Marrana" si è
inaugurato nell'estate del 1995 con un appuntamento dedicato a Carlo Mattioli
presentato da Giovanni Cavazzini, per proseguire, l'anno successivo, con
la retrospettiva di Fausto Melotti, sul tema del gioco, curata da Fabrizio
D'Amico. Ma il fatto che la villa fosse situata nel Parco Naturale Regionale
di Montemarcello, ha indotto i coniugi Bolongaro a indirizzare, dal 1997,
la loro attività espositiva verso interventi che mirassero a approfondire
il dialogo fra l'arte e l'ambiente. Interessantissimo l'elenco degli artisti
che, a partire da tale anno, sono stati invitati alla Marrana per ideare
installazioni site specific. Esplorando gli inaspettati percorsi che si
snodano fra la vegetazione, dove i settori curati del giardino si alternano
ai piccoli appezzamenti di ordinatissimi orti digradanti verso gli ampi
spazi di natura selvaggia del bosco, è possibile infatti ammirare
- e in taluni casi ascoltare - gli interventi e le ideazioni plastiche
di Hossein Golba (1997), Kengiro Azuma (1998), Luigi Mainolfi (1999),
Philip Rantzer (2000), Mario Airò e vedovamazzei (2001), Magdalena
Campos-Pons (2003), Joseph Kosuth, Jannis Kounellis, Lorenzo Mangili,
Lucia Pescador, Quinto Ghermandi e Cecilia Guastaroba, a cui quest'anno
s'aggiungono due nuove creazioni,: il lavoro di Ottonella Mocellin e Nicola
Pellegrini, "Le cose non sono quelle che sembrano", già
in sito dal mese di maggio (a cura di Francesca Pasini), e la scultura-installazione
di Jan Fabre dal titolo "The shelter (for the grave of the unknown
computer)", descritte entrambe nell'articolo che segue. Il parco
è visitabile dal 2 al 31 luglio, nei giorni di sabato e domenica,
dalle ore 18 alle 22.
Arte contemporanea allo scoperto/2
"The
shelter (for the grave of the unknown computer)" di Jan Fabre e "Le
cose non sono quelle che sembrano" di Ottonella Mocellin e Nicola
Pellegrini
di Anna
Maria Monteverdi
Gianni e Grazia Bolongaro amano l'arte ad un punto tale da aver fatto
del loro smisurato e meraviglioso parco (con villa annessa) con vista
sul fiume Magra, dalle colline di Montemarcello di La Spezia, un museo
all'aperto d'arte ambientale con le opere permanenti site specific, concepite
in armonia con il luogo e con il paesaggio; opere che si lasciano attraversare
dalla luce del sole e dal vento; opere da ascoltare e dentro cui immergersi.
Ultime - solo in ordine di tempo - le installazioni: "Le cose non
sono quelle che sembrano" di Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini
e "The shelter (for the grave of the unknown computer)" di Jan
Fabre, curata da Giacinto Di Pietrantonio, direttore del Gamec di Bergamo.
L'eclettico artista fiammingo legato alle arti visive (compreso lo spettacolo)
ha proposto per l'occasione un'opera straordinariamente ispirata e intensa
in forma di capanno di pietra contenente all'interno sette lucerne e grandi
croci viola e blu Bic con inciso il nome di speci di insetti ormai scomparse.
La scheda introduttiva parla di metamorfosi come tema dell'opera: metamorfosi
che è rintracciabile nella olometabolia degli insetti, ovvero nel
passaggio attraverso i vari stadi larvali o nello stesso involucro-tana
dell'opera in cui la morte diventa tutt'uno con la vita, ovvero con la
cavità uterina che la struttura in pietra richiama. Durante l'introduzione
pubblica, Fabre ha parlato degli insetti come "i migliori combattenti",
dunque si tratterebbe di una specie di tomba per l'insetto-milite ignoto.
Ma il computer cosa c'entra? Si può azzardare che tomba, rifugio
e computer (e relativa memoria a accesso remoto) siano tutti contenitori
di stati di passaggio, luoghi archetipici della sospensione, della attesa:
limen. La comprensione profonda del tema dell'opera (la metamorfosi) avviene
attraverso una soglia impercettibile e tuttavia netta, se si accetta di
diventare, varcando il luogo, nascosto, interrato o persino chip, passando
dall'essere umano all'essere insetto e infine all'essere cosa. Siamo sulla
soglia della skené in attesa della metamorfosi. Siamo invitati
a uscire piuttosto che entrare nel catalogo di ciò che è
esistente; ci si sta trasformando e non ce ne accorgiamo. Stiamo per diventare
coleotteri, kafkianamente, o per divenire inanimati, deterritorializzati
in una congiunzione di flusso, per dirla con Deleuze e Guattari sulla
"Metamorfosi" di Kafka. In una situazione storica in cui le
grandi croci richiamano i cimiteri di guerra possiamo interpretare questa
decimazione degli insetti come una sorta di profezia sulla specie umana
votata all'estinzione. E possiamo intendere l'opera tutta quale sorta
di corpo selvaggio primitivo che si espande e si allarga a comprendere
tutto ciò che la circonda: l'ambiente, gli animali, le piante,
le pietre, in una potenzialità infinita di scambio, in un invito
antico alla metamorfosi, ad un mascheramento, alla vita da riconquistarsi
fieramente, come insetti combattenti in opposizione alla omologazione
del mondo. L'opera di Mocellin-Pellegrini è una installazione scultorea
e sonora insieme che evoca i giochi dell'infanzia dei fratelli Van e Ada
del racconto di Nabokov. Nuovamente, gli insetti - si annota i il gioco
di parole, tra insect e incest - popolano questo lavoro in forma di panche
di marmo e relativo tavolo in cui si offre ai visitatori il gioco dello
scarabeo, per comporre delle parole. Attraverso casse acustiche viene
sussurata la storia d'amore interpretata in forma di dialogo da Ottonella
e Nicola stessi: su un'altalena vicina, ancora giochi di parole incise,
e soprattutto la possibilità, dondolandosi, di ascoltare frammenti
della storia, attivati grazie a fotocellule.
www.lamarrana.it
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