La sirène
dans la pensée et dans l'art de l'Antiquité et du Moyen
Age
di Jacqueline Leclercq-Marx
Bruxelles, Académie royale de Belgique (Mémoires de la classe
des beaux-Arts in- 4º, 3e série), 2002²
23 x 29 cm, pp. 373, 337 ill., euro 52, 6
di Maria
Alessandra Bilotta
L'iconografia
delle sirene è costantemente presente nell'arte pagana e nell'arte
cristiana medievale fino al XII secolo. Nel tempo, tuttavia, le rappresentazioni
di queste figure fantastiche si sono diversificate, per esempio col passaggio
dalle sirene-uccelli alle sirene-pesci, ed hanno risentito profondamente
delle mentalità e dell'immaginario collettivo espresso nei testi
letterari. Da questa considerazione inizia l'analisi di Jacqueline Leclercq-Marx
che affronta in primo luogo il difficile problema dell'origine del tema
iconografico e l'evoluzione dello stereotipo della sirena cominciando
dalle prime apparizioni in opere d'arte provenienti dal mondo classico,
greco e romano. Con sicuro metodo si procede poi alla valutazione di cosa
la figura della sirena medievale abbia ereditato dall'immaginario antico,
in particolare greco e giudaico.
L'analisi viene condotta seguendo un approccio multidisciplinare che mette
a confronto fonti di diversa origine attraverso le quali è possibile
rendersi conto della varietà e della portata dei numerosi significati
sottesi all'immagine della sirena. La particolare visione antropologica
del simbolo costituisce un altro elemento caratterizzante di questo avvincente
studio; una visione che permette di comprendere nella sua totalità
il significato più intimo di un tema figurativo così ricco
di allusioni. Come osserva la studiosa, il recupero da parte del cristianesimo
di un tema così profondamente pagano come quello della sirena testimonia
la vivacità del passaggio di valori culturali dall'Antichità
al Medioevo, un passaggio avvenuto con modalità particolari, come
l'uso dell'allegoria, e attraverso gli scritti dei Padri della Chiesa
e la letteratura didattica dei monaci e dei chierici. Da questa accurata
analisi si evince che il mondo classico ed il mondo medievale presentano
una unità di vedute per ciò che concerne i mezzi di rappresentazione
del Male e del Vizio ed il rapporto di queste due categorie con il genere
femminile; le sirene assumono dunque nell'immaginario della classe colta
medievale, per la maggior parte maschile e non coniugata, una connotazione
negativa legata all'associazione di questa figura mitica con la sessualità
e con la donna. E' quanto accade soprattutto nel XII secolo quando la
critica della donna diventa un 'topos'. In questo caso, la sirena è
allo stesso tempo supporto simbolico e forma emblematica; i segni di una
femminilità vissuta come mostruosa e animalesca sono tracciati
nel corpo di questo essere fantastico, deforme e ambiguo.
Tuttavia, sottolinea la studiosa, ciò non deve portare a credere
che ogni rappresentazione medievale della sirena, sia essa uccello o pesce,
debba essere oggetto di una rappresentazione simbolica; al contrario,
la maggior parte di esse hanno un carattere esclusivamente decorativo
e dunque devono essere studiate in rapporto alla dialettica ornamentale
antica e medioevale. Questa ricerca, complessa ed appassionante, condotta
con una sapiente metodologia che tiene conto delle enormi potenzialità
che si sviluppano da uno studio multidisciplinare, si arricchisce ulteriormente
grazie ad un superbo apparato iconografico (più di trecento immagini)
che permette di comprendere le diverse iconografie della sirena nel corso
dei secoli. Un percorso dunque, quello tracciato da Jacqueline Leclercq-Marx,
che conduce il lettore alla scoperta di un tema iconografico di grande
fascino e che permette di comprendere appieno, nel quadro di una storia
globale, la straordinaria potenza creatrice di queste figure fantastiche,
al confine tra mito, magia e religione.
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La Factory
a luci rosse
Mary Woronov, Tutto quello che avreste voluto sapere sulla Factory
di Andy Warhol
Mary Woronov
di Anna
Maria Monteverdi
Si
scrive Meridianozero e si legge "la migliore realtà editoriale
degli ultimi anni in Italia". Coraggiosa e in fuga, Meridianozero
di Padova non ha fatto solo incetta di straordinari autori noir consegnandoli
al mercato italiano con una grafica elegante e d'impatto; ha anche pubblicato
due volumi immancabili per chi ama l'atmosfera underground degli anni
Sessanta a New York, Warhol e i Velvet di Lou Reed. Uno è l'edizione
italiana di quel capolavoro che è "Popism, Warhol's 60s",
l'autobiografia di Warhol scritta con Pete Hackett. Il libro parla dell'attività
cinematografica della factory e della quotidianità con artisti
come Bob Dylan, Rudolf Nurajev, Norman Mailer, Jimi Hendrix, Tim Buckley,
La Monte Young, Bob Rauschenberg, Jim Dine e termina con il ricordo della
morte per overdose dell'attrice Edie Segdwick e con il sintetico messaggio
in un "post" con cui il fotografo Bill Name annuncia l'abbandono
della Factory. Molte cose cominciano a cambiare già dal 1969. Hollywood
si interessa ai lavori di Warhol; la Columbia picture gli chiede di girare
film in 35 millimetri. La Factory viene disertata. Paul Morrisey inizia
le riprese di "Trash" e "Urban Cowboy" con un cast
che viene così descritto nelle ultime righe del libro: "Il
cast era un nuovo, più giovane gruppo di ragazzi postpop, come
Jane Forth, sedici anni. Tutta la moralità e le retsrizioni contro
le quali le prime superstar della Factory avevano combattuto erano così
lontane e irreali come può sembrare oggi l'epoca vittoriana. Il
pop non era un argomento per questa nuova ondata: era tutto quello che
non avrebbero mai conosciuto".
L'altro libro edito da Meridianozero è "Swimming Underground
(My years in the Warhol Factory)" tradotto "Tutto quello che
avreste voluto sapere sulla Factory di Andy Warhol e non avreste mai osato
chiedere" di Mary Woronov, attrice, scrittrice e giornalista. Il
libro racconta "l'altra faccia della Factory" descritta proprio
dall'attrice di alcuni storici film di Warhol ("Chelsea girl",
"Four stars") nonché protagonista del famoso "Exploding
Plastic Inevitable" e tra le presenze (minori) femminili della Factory
dove spiccavano Viva, Ultraviolet, Ingrid Superstar, International Velvet.
Una carrellata che mette in chiara luce gli aspetti violenti, sadici e
impudici della vita della Factory intorno al 1966, prima dell'attentato
a Warhol da parte di Valerie Solanas ma che ne accentuano se possibile,
il mito. Il libro racconta l'iniziazione di Mary, icona androgina, alla
Factory: alta, magrissima, pantaloni di pelle nera aderenti e che si esibiva
in coppia con Gerard Malanga in numeri sadomaso tra luci stroboscopiche
mentre i Velvet Underground suonavano "Venus in Furs" o "Heroin".
Tra lesbiche, travestiti, trasgressioni sessuali di ogni tipo, anfetaminie,
"speed" e acidi che portarono anche alla morte alcuni loro amici,
spiccano primi piani di Ondine (il Papa in "Chelsea girl") che
si infila un ago pieno di eroina in un occhio, la Duchessa che registra
le sue telefonate con Warhol, Bill Name il fotografo che si fa murare
vivo dentro una stanza della Factory, Lou Reed che racconta dei guaritori
filippini, Nico perennemente in posa. Tutto intorno gli avventori della
Factory descritti come "ragazzotti apatici che ciondolavano aspettando
qualsiasi cosa" seduti su divani argentei macchiati costantemente
di sperma, consumando droghe o sesso in occasione dei vari party. Personaggi
ritratti nel libro come una corte dei miracoli, "parassiti o tappezzeria"
- come afferma causticamente la Woronov - che si muovevano in branco in
taxi dal Dom nell'East Village al Max's Kansas City. La Factory era il
luogo dove Warhol con gli "screen test" faceva guardare per
un quarto d'ora nella cinepresa regalando il sogno dell'immortalità
a sconosciuti. Ma dentro la Factory fecero fugaci apparizioni anche Salvador
Dalì, Tennessee Williams e Allen Ginsberg. Più che un racconto
della Factory, il libro è un andare e venire della memoria di Mary,
prima bambina maschiaccio al mare che vuole emulare i cugini nuotando
al largo, poi ragazzina violenta che al college picchiava le compagne;
dopo ancora, sverginata da un cameriere, in viaggio alla conquista della
"swimming" New York convinta da Gerard Malanga suo pigmalione,
contro il volere della borghesissima famiglia; insegue poi il suo impossibile
sogno d'amore con Ondine, in seguito scritturati entrambi per film underground
e per piéces di teatro sperimentale (per la regia di John Vaccaro);
caustica nel raccontare le abitudini sessuali, l'abuso di droghe e le
trasgressioni di uomini e donne della Factory (a cominciare da lei stessa)
che speravano di entrare nelle grazie di "Drella" e ottenere
una scrittura da Hollywood, Mary ne ha per tutti, primo fra tutti proprio
Lui: "Andy diceva le cose più insulse; la gente ci impazziva
sopra, si sentiva in dovere di leggerci i significati più reconditi,
ma per noi era un'altra storia. Andy non solo era dislessico ma le parole
lo mettevano a disagio"; "Quella notte Andy era impegnato a
disegnare nasi, prima e dopo la chirurgia plastica. Quando mi chiese se
mi piacevano, non risposi. A che pro? Tanto sapevo che quello stupido
disegno sarebbe stato serigrafato da qualche parte e venduto a carissimo
prezzo mentre a me veniva da staccarmelo il naso, quando pensavo ai miei
rabbiosi disegni in bianco e nero".
Ma le donne della Factory sono tra le sue mire preferite: "Mentre
Velvet finiva la sua bottiglia di vodka, un po' troppo avidamente per
una ragazza di buona famiglia, io scrutavo le altre due attrici. Ingrid
Superstar si impasticcava, anche se non ne aveva bisogno, era già
fuori di suo; Pepper invece era una nuova. Nessuno sapeva di che cosa
si facesse, o chi l'avesse portata lì. Non sembrava messa troppo
bene, una sorta di cavolo che sta andando a male, sicuramente una mina
vagante".
Ma soprattutto Mary racconta con orgoglio il momento in cui il popolo
notturno dagli occhiali scuri, le "talpe", l'aveva ammessa nel
sacro recinto. Da cui uscì solo per entrare in una clinica per
disintossicarsi; ebbe il tempo di vedere un triste Ondine mentre presentava
in un college Chelsea girl raccontando alla nuova generazione, la vita
della Factory. Due anni esatti prima della sua morte. Completano il libro
alcune straordinarie fotografie di Bill Name.
www.meridianozero.it
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