La morte e i suoi riti in Italia tra Medioevo e Prima Età Moderna.
X Convegno internazionale di studi della Fondazione Centro Studi sulla Civiltà
del Tardo Medioevo. San Miniato, 8-10 ottobre 2004.
di Francesca
Coltrinari
Giunto ormai
alla decima edizione il convegno del Centro studi sulla civiltà
del tardo Medioevo ha quest'anno affrontato il tema della morte soffermandosi
sui cerimoniali, sulle regole di comportamento e sugli atteggiamenti adottati
in relazione al trapasso e alla sepoltura in diverse realtà geografiche
italiane fra la fine del Duecento e il Cinquecento.
Come sottolineava in apertura Gian Maria Varanini, l'argomento trattato
è stato sottoposto a una sorta di rimozione da parte della storiografia
italiana, da connettere probabilmente a una trasformazione della società
e del rapporto con la morte. L'osservazione veniva ripresa anche da Adriano
Prosperi che si soffermava in seguito su due aspetti centrali del problema,
la pratica della sepoltura e il rapporto di memoria fra vivi e morti,
sottolineando in particolare il valore sociale delle esequie (con significative
differenze fra ricchi e poveri e fra cristiani ed ebrei) e la svolta che
si registra con la Riforma protestante, che tende a spezzare il legame
con i defunti, ormai sottoposti esclusivamente al giudizio divino e definitivamente
separati dai vivi.
Nel suo interessante intervento Ludwig Schmugge ha passato in rassegna
le prescrizioni in materia contenute nel diritto canonico. Risalta nella
legislazione ecclesiastica il ruolo dei sacramenti quali la confessione
e l'estrema unzione, l'esclusione dalla sepoltura cristiana per alcune
categorie come gli scomunicati, i suicidi e soprattutto gli eretici, ma
anche per i bambini morti senza battesimo, che nel '400 generò
una proliferazione di leggende su provvidenziali resurrezioni di fanciulli,
cui si riusciva a impartire in extremis il battesimo. Alle leggi canoniche
spesso molto severe, si contrapponeva tuttavia in molti casi una prassi
consolidata che permetteva di aggirare e attenuare le norme più
restrittive.
Giulia Barone si soffermava in seguito sul ruolo di primo piano assunto
dagli ordini mendicanti - soprattutto dai francescani - nella "gestione"
della morte: i testamenti mostrano come masse crescenti di fedeli scelgano
di farsi seppellire nelle chiese mendicanti, innescando un conflitto con
il clero secolare che rivendicava tale diritto, mentre lo sviluppo di
confraternite laicali volte ad assistere fino alla sepoltura i propri
membri è strettamente connesso all'attività di francescani
e domenicani.
Le relazioni di Giuseppina Gasperini de Sandre e Anna Esposito hanno trattato
invece degli atteggiamenti verso la morte e la sepoltura rispettivamente
del mondo contadino e della società urbana. Se la campagna appare
caratterizzata dalla persistenza di credenze e riti magici legati alla
malattia e al trapasso, in città il cerimoniale funebre risulta
uno dei mezzi principali per le famiglie abbienti di manifestare il proprio
status e di perpetuarlo oltre la vita. Per porre un freno alle
ostentazioni di lusso in relazione ai funerali si emanano numerose leggi
suntuarie, che tendono a limitare il numero dei partecipanti alla processione
e al rito funebre, il loro abbigliamento, le espressioni di dolore, soprattutto
femminili, ecc
In realtà i nobili e alcune categorie, come
i giuristi, i condottieri, i dottori, erano largamente esentate da queste
norme, come ha dimostrato anche Ennio Mineo attraverso una ricca documentazione
inerente l'aristocrazia palermitana.
Le caratteristiche e l'evoluzione dei luoghi di sepoltura cristiana dalle
origini all'Ottocento sono stati poi ripercorsi da Francesca Bocchi: da
sottolineare il passaggio dalla sepoltura nelle chiese a quella in cimiteri
separati dal nucleo urbano e il potere di attrazione esercitato dalle
tombe dei santi e dei martiri. Andrea Zorzi si è invece occupato
di una categoria particolare di morte, quella dei condannati per reati
capitali: una realtà ben presente nella società moderna
italiana, ma su cui poche sono le testimonianze per lo più affidate
alle cronache e alle raffigurazioni iconografiche.
Un successivo gruppo di interventi ha riguardato più nello specifico
i rituali e le cerimonie funebri in diversi contesti sociali e geografici
non solo italiani: Isabel Falcon Perez ha messo in luce la sostanziale
omogeneità delle pratiche nella Spagna aragonese con quelle in
uso contemporaneamente in Italia. Giuliana Vitale ha invece indagato il
cerimoniale particolarmente fastoso della corte di Napoli fra '400 e '500,
mentre Antonio Rigon, attraverso lo studio comparato dei documenti scritti
e delle tipologie di tombe, ha messo in luce il significativo mutamento
nel tipo di ritualità della morte: se fino all'Alto Medioevo il
complesso degli oggetti e dei simboli fondamentali per assicurare all'anima
il passaggio all'Aldilà e alla vita eterna veniva mantenuto in
forma nascosta nelle tombe sotto forma di corredo funebre, nel Basso Medioevo
si afferma invece la tendenza a riversare all'esterno questo complesso,
attraverso cerimonie e ornamenti esteriori evidenti. L'importanza crescente
data al fasto dei luoghi di sepoltura è stata messa in risalto
dal bell'intervento di Tiziana Franco dedicato ai monumenti funebri, di
cui la studiosa ha presentato una vasta panoramica incentrata soprattutto
sull'area veneta e lombarda fra Trecento e Quattrocento.
Due specifiche categorie sociali, quella del condottiero e quella del
mercante, sono state poi indagate in relazione al tema della morte da
Hannelore Zug Tucci e Philippe Braunstein: se nel caso del condottiero
risulta fondamentale il legame con i compagni d'arme e la celebrazione
del valore militare, spesso perpetuata da monumenti funebri che hanno
valenza anche pubblica, come nel caso del Gattamelata e del Colleoni,
onorati da statue equestri, il mercante si pone di fronte alla morte preoccupandosi
di riscattare la propria professione, spesso macchiata dal sospetto di
usura. A conclusione del convegno Giovanni Ricci, attraverso la lettura
del De sepulcris et vario de sepeliendi modo del Giraldi, è
tornato sul tema da lui in precedenza studiato delle esequie regali e
del funerale in effigie, rito eternizzante che rimodella la cerimonia
del funerale regale sul modello antico.
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