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Cinema e teatro

Non ti muovere di Sergio Castellitto
(Italia 2004, drammatico, con Sergio Castellitto, Penelope Cruz, Claudia Gerini, Angela Finocchiaro)

di Vincenzo D'Alessandro

A Castellitto non basta essere considerato uno dei migliori attori italiani e, dopo l'insuccesso di Libero burro, torna alla regia con una storia che conosce molto bene e in cui crede molto, tratta dall'omonimo best-seller della moglie Margaret Mazzantini, con cui firma la sceneggiatura.
Un film a tratti disturbante, crudo ma allo stesso tempo girato con cura dall'ambizioso regista fin dai primi fotogrammi in cui vediamo, ripresa dall'alto sotto la pioggia battente, la scena di un incidente che ha coinvolto una quindicenne, portata in fin di vita in ospedale. Qui lavora come chirurgo Timoteo (Castellitto) il quale apprende, mentre sta effettuando un intervento, che la ragazza è sua figlia Angela. Mentre Angela è in sala operatoria Timoteo rivive, come per fare un bilancio della sua vita, il periodo immediatamente precedente alla nascita della figlia, quando, in un'afosa giornata estiva, rimane in panne alla periferia di Roma e si imbatte per caso in una disgraziata borgatara, Italia (Penelope Cruz). Ubriaco, Timoteo la violenta, ma poi torna a trovarla finchè si innamora di lei, così diversa rispetto alla bellissima e affermata moglie (Claudia Gerini). Timoteo non riesce ad abbandonare la famiglia e si lascia trascinare dagli eventi fino a quando, con una serie di colpi di scena, si arriva alla tragica fine della sua relazione con Italia, che coincide proprio con la nascita di Angela. Il film si conclude ancora sotto la pioggia battente, con un Timoteo più consapevole che attende la guarigione della figlia, finalmente libero dalla figura idealizzata di Italia.
Un film difficile da realizzare, sconnesso come l'andatura di Italia, magnificamente interpretata da una Penelope Cruz spiazzante e toccante. La stessa attrice ha chiesto al regista di recitare in presa diretta in italiano, riuscendo a rendere perfettamente la disperazione e la rassegnazione di chi è colpito dal destino e, nello stesso tempo, la semplicità, la vitalità, la voglia di vivere che può avere solo chi non ha niente. A lei potrebbe contrapporsi nel ruolo della moglie perfetta, ma troppo in carriera, Claudia Gerini, a cui però Castellitto non riesce a dare lo stesso spessore degli altri due protagonisti. Sarebbe stato forse pretendere troppo dal regista, che non ha ancora la mano sicura dei maestri che l'hanno diretto, come Bellocchio, però il suo film colpisce nel segno: lo spettatore non solo è commosso, ma anche irritato dal dolore che gli è stato inflitto. Resta interdetto per il modo, volutamente morboso e sgradevole, con cui il regista mostra immagini di sesso o di sangue in modo da evidenziare le difficoltà e le contraddizioni in cui si dibattono i protagonisti e soprattutto Timoteo, vittima dei suoi istinti più bassi e incapace di scegliere e rischiare.
Coraggiosa e azzeccata la scelta della colonna sonora soprattutto nella riproposizione di brani dell'estate '90, come Gli amori di Toto Cutugno o Scrivimi di Nino Buonocore capaci di evocare le atmosfere come fuori dal tempo e dal mondo degli incontri tra Timoteo e Italia e soprattutto del viaggio verso il Molise che segnerà l'epilogo del loro amore e per Timoteo la fine di quella realtà parallela
Nel raccontare il passato, infatti, Castellitto non usa effetti speciali per rendere in modo realistico il passare del tempo; quello che cambia è l'atmosfera, quasi irreale dei ricordi di Timoteo. E' il suo modo di raccontare una storia fin troppo vera e diretta, prendere le distanze da un dolore che rischiava di cadere nella retorica. In effetti nel film abbiamo in climax tutti gli avvenimenti tipici delle tragedie familiari: difficoltà coniugali, tradimento, incidente, aborto, morte. Il regista li racconta tutti in maniera atipica, proprio nella loro crudezza, cercando di non giudicare, spiegare o risolvere come finge di fare Muccino, le cui storie hanno tutte un taglio televisivo, da reality show, dove ti compiaci del fatto che le altre persone siano come te o peggio di te, senza rifletterci, senza che questo ti colpisca, ti lasci pietrificato. Non sappiamo se e come Timoteo si reinventerà, probabilmente continuerà a vivere con la sua famiglia ma non ha importanza. Alla fine del film non abbiamo capito il senso della vita (..che un senso non ha come canta Vasco Rossi nella canzone scritta per il film) ma sappiamo che non è come Il grande fratello e questo ci basta.