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Interpretazione e comunicazione dell'arte medievale: nuovi problemi e nuove possibilita'

di Valerio Ascani

In questo contraddittorio inizio di secolo, malgrado i megafoni della comunicazione di massa puntino con affabulante insistenza altrove, spinti anche dall'incalzare di eventi drammatici, l'interesse dei cittadini in Italia e nel resto d'Europa verso l'arte e la cultura del passato - e, nella fattispecie, del millennio medievale - sembra registrare un costante aumento, almeno a giudicare dal numero di libri, siti, iniziative dedicati in qualche modo alla riscoperta dell'Europa medievale. Una curiosità culturale che solo in parte è possibile ritenere alimentata dai risultati della ricerca scientifica nel settore e che più generalmente coinvolge tutti i risvolti dei modi di vita e della cultura del mondo medievale, di cui vengono colti soprattutto gli aspetti - veri o presunti - in cui l'uomo contemporaneo può più agevolmente rispecchiarsi: incertezza politica, fermenti sociali, spirito di viaggio, sforzo ricostruttivo, anelito di crescita spirituale. Lungi dall'aspirare a condurre una disamina di questi complessi argomenti, questa nota intende solo porre l'accento sui rapporti tra le tendenze dell'interpretazione scientifica del mondo artistico medievale e le nuove caratteristiche della percezione che di quella stessa realtà paiono emergere nella società odierna, che dei risultati della ricerca è peraltro destinataria.
In un tessuto culturale sempre più intricato e variegato a dispetto di forti voci uniformanti, e in presenza di nuove tecniche e strumenti di comunicazione, in primis internet, che hanno permesso una inedita forma di frammentazione e riconduzione alla sfera personale delle fonti di informazione, anche il rapporto con la produzione artistica del passato e con i testi monumentali oggi visibili ha acquisito una dimensione più diretta, non mediata dalla critica e dalla storiografia, se non per la formazione ricevuta dai singoli osservatori e le informazioni che essi possono avere ricavato da pubblicazioni specifiche, libri, cataloghi di mostre, cd-rom. Prevale, anche come metodo di approccio culturale, l'osservazione e la fruizione diretta, spesso poco o per nulla supportata da letture opportune. Per rendersi conto di questo basta solo rilevare in un museo o davanti a una cattedrale la percentuale di visitatori muniti di guide o di libri specialistici rispetto ai visitatori che si affidano unicamente alla propria osservazione e al proprio bagaglio culturale. E molto spesso, soprattutto nel turismo di massa, tale bagaglio è costituito soprattutto da un catalogo di immagini, come una raccolta di cartoline di cui si cerca di riconoscere i soggetti dal vivo con un gioco di memoria visiva, e spesso si lascia esaurire in questa agnizione il proprio rapporto con l'opera d'arte.
A fronte di tutto ciò si assiste, ad un livello ben diverso, alla organizzazione di mostre o alla comparsa di testi che sollecitano un approccio molto più profondo e scaltrito con l'opera d'arte, ma che a volte, malgrado un apparente successo di numeri, non riescono a influenzare le dinamiche del rapporto tra osservatore ed opera, e a suggerire un metodo di lettura del testo monumentale. C'è da chiedersi quanti dei visitatori di una mostra leggano per esteso i tabelloni introduttivi alle singole sale o sezioni, o comprino e leggano approfonditamente il catalogo, e quanti invece non si limitino a cogliere l'opportunità dell'esposizione di quadri mai visti unicamente per colmare una pur legittima curiosità e sete di nuovi spunti visivi, arrivando a giudizi soggettivi in cui preparazione culturale e gusto sono messi alla prova, ma mancando la possibilità di un contatto più formativo con le novità scientifiche del settore.
Difronte a questo progressivo cambiamento di pubblico davanti ai quadri di una esposizione negli ultimi decenni, c'è da chiedersi se la formulazione delle mostre e dei libri scientifici destinati al grande pubblico sia corretta e soprattutto efficace. E questo in special modo nella metodologia e negli obiettivi che i curatori e gli autori si prepongono.
Una buona percentuale delle mostre di opere d'arte del Medioevo organizzate negli ultimi anni sono state caratterizzate dall'intento di celebrare un singolo grande artista e hanno proposto opere a lui avvicinabili su basi soprattutto stilistiche e a fini sostanzialmente attribuzionistici, spostando - in assenza dei pochi nuovi e fortunati ritrovamenti - alcune opere dall'uno all'altro dei nomi presenti all'interno di un ventaglio per il solito proposto dalla critica degli ultimi decenni. Un'operazione legittima e certo in linea con le metodologie più auliche della materia, ma forse ormai non del tutto in sintonia con gli interessi dei visitatori.
Indubbiamente, organizzare un'esposizione di opere d'arte - in particolare medievali - oggi è impresa sempre più difficile. Occorre considerare in via preliminare che la stessa fenomenologia della materia offre un numero non inesaurible di opere d'arte mobili rispetto a quelle inserite stabilmente nel contesto per cui furono prodotte, come sculture architettoniche o affreschi, che costituiscono una buona percentuale degli elementi di interesse dell'arte del Medioevo. Inoltre, la particolare metodologia di produzione dell'arte medievale contempla in molti casi una lavorazione collettiva o in ogni caso a più fasi e più mani della stessa opera, cosa che mal si accorda con i canoni di fruibilità del capolavoro personale e puro quale spesso si intende porre all'osservazione di un vasto pubblico. Infine - ma si tratta di problema non di poco conto - l'enorme aumento delle spese di trasporto e di assicurazione delle opere d'arte in questo periodo tristemente segnato anche da vigliacchi attacchi al patrimonio artistico, i conseguenti dinieghi da parte di numerose istituzioni internazionali al prestito, e la carenza di finanziamenti data dalle diminuite disponibilità di banche e altri possibili finanziatori rendono quasi proibitiva l'organizzazione di una mostra che non preveda - come nel caso della Storia dell'arte moderna e contemporanea - un sicuro rientro economico e di immagine grazie al richiamo esercitato dai grandi e celebri nomi di artisti spendibili.
E' un peccato che non si colga tuttavia a questo punto l'opportunità suggerita dal 'basso' per ovviare a questo gap tra gli interessi scientifici e quelli divulgativi della materia. Ci sono infatti numerosi campi e occasioni in cui le ragioni dell'interpretazione e quelle della comunicazione dell'arte medievale possono coincidere. Il fiorire di siti, pubblicazioni, la gemmazione di esposizioni minori e finanche manifestazioni e giochi di ruolo sul fenomeno artistico medievale, spessissimo carenti di una corretta base storica, tecnica e culturale, suggerisce la possibilità per la critica di intervenire su argomenti diversi da quelli legati all'analisi stilistica di opere o alla delineazione di singole personalità artistiche. Non solo l'esplorazione di ambienti artistici locali - argomento certamente non nuovo alla critica e frequentato con rinnovate capacità analitiche negli ultimi decenni - appare di maggiore interesse per il pubblico, ma anche l'introduzione ad argomenti tecnici oppure iconografici, la ricostruzioni di contesti culturali di ambiti specifici della società medievale o il confronto comparatistico tra opere d'arte collegate dai numerosi itinerari artistici medievali attraverso l'Europa sono temi su cui ben raramente sono sinora state tentate grandi esposizioni, perlomeno in Italia, ma che il buon successo di libri, i numerosi convegni sull'argomento e alcune esposizioni, talune anche di carattere storico e documentario, rendono ben possibili.
E' auspicabile che gli operatori dell'esegesi scientifica dell'arte medievale sappiano sfruttare le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie anche per un maggiore successo della comunicazione dei risultati delle proprie ricerche, non solo nell'affiancare sezioni multimediali alle proprie esposizioni e pubblicazioni, ma anche, in prospettiva, nel far sì che sempre più le banche dati in rete, i forum o i gruppi tematici e i nuovi esempi di social network, i siti delle università e delle istituzioni scientifiche, compresi soprintendenze, musei e organismi culturali degli enti locali costituiscano anche fonti di informazioni e documentazione utili e accessibili, anche a livello internazionale, ponendosi anche come centri di discussione e confronto sui temi che ci interessano.
In questo senso, la palestra costituita, soprattutto per i colleghi delle più giovani generazioni, da una rivista scientifica in rete penso possa esemplificare al meglio una delle possibili vie per colmare questo vuoto comunicativo cui si alludeva tra ricerca ed esigenza di informazione, e compiere un passo utile anche al fine di rinnovare i canali della divulgazione delle scienze dei beni culturali per motivare un sempre maggiore interesse alle tematiche della materia e correggere i già evidenti problemi creati da questa carenza di contatto come l'improvvisazione e il bassissimo livello scientifico di larga parte dell'informazione nei nuovi media, ma anche nel giornalismo tradizionale, relativa ai temi dell'interpretazione delle opere d'arte, in particolare di un periodo come quello medievale, riscattato ormai da un buon secolo dalle fitte e scure nebbie in cui lo aveva cacciato la storiografia del passato ma ancora evidentemente incrostato di luoghi comuni e false certezze da rimuovere.
Aggiustando il tiro sugli obiettivi e le strategie comunicative della propria ricerca alla luce dei problemi che si è cercato di esporre è possibile che gli storici dell'arte medievale potranno nei prossimi anni recuperare una funzione più centrale nei processi culturali in atto e quindi contribuire maggiormente e con rinnovata incisività a nutrire e qualificare il rapporto di interesse che le nostre generazioni hanno sviluppato verso un età in cui riconoscono originarsi molte delle proprie radici.

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