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Precari e beni culturali: due punti di vista

Abbiamo ricevuto, e volentieri pubblichiamo, la lettera di Alessandro Santini, delegato della CISL di Firenze presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, sulla questione dell'immissione in ruolo degli Assistenti tecnici museali in servizio presso il MBAC. Per l'interesse e l'attualità dell'argomento, abbiamo ritenuto opportuno chiedere una replica all'Associazione "Più precari dei precari", rappresentativa di molti storici dell'arte, archeologi, archivisti e bibliotecari, che ringraziamo per aver accettato il nostro invito. Ci auguriamo che il confronto tra le due posizioni possa dare un utile contributo di chiarezza, e magari sollecitare ulteriori interventi che potrebbero trovare spazio nei prossimi numeri di "Predella".

La Redazione

LETTERA DI ALESSANDRO SANTINI, DELEGATO CISL

Spettabile Redazione,
mi permetto di scrivervi in qualità di rappresentante sindacale del personale precario in servizio presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Sono venuto recentemente a conoscenza di una iniziativa promossa presso alcune sedi universitarie italiane da specializzati e specializzandi in Storia dell'Arte e Archeologia, raccolti sotto il nome di "più precari dei precari". Si tratta di una raccolta di firme a sostegno di un appello per impedire l'immissione in ruolo di una delle due categorie di precari del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, gli Assistenti Tecnici Museali.
Per non incorrere in spiacevoli equivoci e soprattutto per evitare di disperdere preziose energie in un dibattito che, mi pare, rischia di tramutarsi in una meschina "guerra tra poveri", mi permetto di fornire alcune informazioni sulla realtà del precariato nei più importanti siti culturali statali.
I lavoratori precari del Ministero per i Beni e le Attività sono circa 2300, di cui 1500 addetti ai servizi di vigilanza (B1, ex 4° livello) e poco meno di 800 Assistenti Tecnici Museali part-time (B3, ex VI° livello). Entrambe le categorie, nella complementarietà delle rispettive qualifiche, da oltre quattro anni garantiscono una maggiore e migliore apertura di musei, monumenti, aree archeologiche, ville e parchi, archivi e biblioteche.
A partire dal 1999, infatti, il lavoro di questo personale ha consentito di prolungare l'orario di apertura dei principali siti culturali italiani secondo i migliori standard museali europei, ovvero con aperture anche di pomeriggio, la domenica e tutti i festivi.
Inoltre, l'impiego di personale Assistente museale, una vera e propria novità nell'organico del Ministero, ha reso possibile migliorare il rapporto con l'utenza, curando l'accoglienza agli ingressi, l'informazione al pubblico in sala e, in alcuni casi, consentendo lo svolgimento di iniziative didattiche.
L'apprezzamento per il lavoro svolto da questo personale, indispensabile per il buon funzionamento del sistema museale statale, si è tradotto nell'unanime consenso politico al ripetuto rinnovo del loro rapporto di lavoro e all'estensione a 18 ore settimanali dell'orario di lavoro degli Assistenti museali.
Com'è noto, tuttavia, a causa del protrarsi del blocco delle assunzioni nel pubblico impiego, non è stato ancora possibile procedere con le immissioni in ruolo, richieste concordemente da tutte le Organizzazioni Sindacali di settore. Pur appartenendo ormai all'organico ministeriale, dopo oltre quattro anni di servizio continuativo, questo personale risulta infatti ancora "a tempo determinato", nonostante i numerosi Ordini del Giorno approvati unanimemente dal Parlamento e gli impegni assunti in più occasioni dal Ministro Urbani e da esponenti del Governo. Non ultima, si è registrata la solidarietà espressa dal Presidente Ciampi nella sua visita a Firenze della primavera scorsa e il suo intervento di sensibilizzazione presso la Presidenza del Consiglio.
La notizia più recente è l'ulteriore rinnovo annuale del rapporto di lavoro così come stabilito dalla Finanziaria 2004.
Vorrei aggiungere, inoltre, qualche elemento sul metodo di "reclutamento" di questo personale precario. Forse per la prima volta nella storia trentennale del Ministero si è voluto dare un netto segnale di serietà e qualità. Se, infatti, il personale cosiddetto "giubilare" (qualifica B1), secondo le norme vigenti è stato assunto dalle apposite liste degli Uffici di Collocamento, per quanto riguarda gli Assistenti Tecnici Museali nel 1999 è stato bandito un grande concorso per diplomati con prove selettive su base circoscrizionale (dunque con obbligo di concorrere per un'unica sede di destinazione). Come noto, il concorso per 1000 posti di Assistente Tecnico Museale, dopo una preselezione basata sul voto del diploma di Maturità, ha previsto una procedura concorsuale comprendente una prova scritta su più materie (storia dell'arte, archeologia, legislazione dei beni culturali, ordinamento del Ministero) e una prova orale per accertare la conoscenza della lingua inglese. Di fatto, su 125.000 candidati su scala nazionale, sono stati ammessi alle prove in 5.000 e al numero attuale (meno di 800) si è giunti dopo tre chiamate. Questi numeri e le modalità esposte testimoniano la serietà e la evidente selettività delle procedure scelte, che hanno consentito di rinnovare e migliorare numerose sedi museali italiane con l'entusiasmo e la preparazione di centinaia di diplomati, laureandi e laureati, capaci di parlare le lingue e in grado di interagire con il pubblico.
La richiesta di immissione in ruolo appare una conseguenza diretta di quanto sopra esposto. Il personale precario del Ministero è indispensabile a garantire le aperture prolungate dei musei e a mantenere un più elevato standard qualitativo di fruizione dei beni stessi, grazie al valore aggiunto espresso dagli Assistenti museali.
Proprio gli Assistenti Tecnici Museali, è bene sottolinearlo, non sono il frutto casuale di qualche personaggio politico in vena di "demagogia occupazionale", né, tanto meno, sono un'operazione di lifting museale in vista del grande Giubileo del 2000.
L'introduzione di questo profilo ha corrisposto ad una precisa volontà strategica nella politica di trasformazione del Ministero, promossa dalle Organizzazioni Sindacali, iniziata dal precedente Governo, in attuazione in questa legislatura.
Il profilo dell'Assistente Tecnico Museale ha inteso colmare una lacuna professionale all'interno dell'organizzazione del lavoro dei musei statali, in cui, tradizionalmente, le due uniche figure presenti erano l'addetto ai servizi di vigilanza (il cosiddetto custode) e il personale scientifico (funzionari e direttore). La necessità di un profilo intermedio, che venisse incontro alle nuove esigenze dell'utenza e che, in qualche modo, facesse da raccordo tra addetti alla vigilanza e funzionari, ha portato alla introduzione di questa nuova figura professionale con il concorso del 1999. La validità di questa scelta strategica è stata presto confermata da innovativi documenti ministeriali, quali Il museo si interroga. Indagine sulla comunicazione nei musei statali italiani (febbraio 2000) e, soprattutto, dal fondamentale Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei (D.L. n. 112/1998). La definitiva "consacrazione" della nuova figura si è avuta con la sua introduzione nei nuovi profili professionali del Ministero, in cui, all'interno dell'Area della Vigilanza, viene inserito stabilmente il profilo B3 di "Assistente alla vigilanza, sicurezza, accoglienza, comunicazione e servizi al pubblico". La scelta del nuovo profilo appare ancora più strategica, nell'ottica di un miglioramento generale del sistema museale, quando si consideri che, attraverso le procedure di riqualificazione del personale di ruolo, che sono attualmente in corso, una parte del personale, previa prove selettive interne al Ministero, potrà accedere al profilo di Assistente.
Con quanto esposto, spero vivamente di avere fornito elementi chiari ed utili per una più serena ed informata discussione sui precari del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Sinceramente, ritengo che la raccolta di firme e l'appello contro l'immissione in ruolo degli Assistenti museali, più che da un pregiudizio sulla loro reale capacità professionale, evidentemente infondato, nascano probabilmente da un equivoco di fondo.
L'equivoco sta nel ritenere gli Assistenti museali un personale di tipo scientifico, ovvero alla pari di funzionari e direttori (storici dell'arte, archeologi, architetti, archivisti ecc.).
È bene ribadire, ancora una volta, che il profilo di Assistente museale è parte integrante dell'Area della cosiddetta vigilanza, accoglienza e comunicazione. Si tratta, dunque, di un personale chiamato non a sostituirsi agli storici dell'arte, archeologi o architetti, ma a collaborare con essi a migliorare la fruizione dei musei, operando attivamente in iniziative di accoglienza, informazione e didattica. Dunque, non un personale di ricerca ma operatori versatili in grado di rapportarsi direttamente con l'utenza. Da qui la logica conferma, anche nei recenti profili ministeriali, dei già noti requisiti di ingresso: diploma di maturità e conoscenza delle lingue straniere.
Ritengo, tuttavia, che la raccolta di firme e l'appello in questione esprimano comunque una sincera e veritiera istanza di fondo. Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha un ingente bisogno di personale scientifico preparato, moderno e innovativo, in grado di governare i difficili processi che stanno investendo i beni culturali italiani.
Di fronte a queste necessità, i concorsi per accedere alle Soprintendenze sono troppo pochi e spesso troppo specialistici. Le nostre università stanno formando ricercatori di altissimo livello che, però, rischiano di non poter accedere al sistema della tutela e della gestione dei beni culturali a causa di una cronica e miope politica.
Come responsabile sindacale, anche a nome di molti lavoratori precari che rappresento, con piena convinzione e sincera solidarietà, mi unisco all'appello di tutte le Organizzazioni Sindacali e di molti esponenti del mondo politico e della cultura, perché scelte di campo lungimiranti contribuiscano al pieno sviluppo del settore dei beni culturali e affrontino equamente e risolutamente ogni problema di precariato.
Distinti saluti

Alessandro Santini
Delegato CISL Firenze MBAC


LETTERA DI CLAUDIO GAMBA, ASSOCIAZIONE "PIÙ PRECARI DEI PRECARI"

Gentile Alessandro Santini,
La ringraziamo per la sua approfondita e pacata lettera, che evita il "muro contro muro" e l'atteggiamento offensivo che alcuni hanno avuto nei nostri confronti. Ci fa particolarmente piacere rispondere perché ci permette di chiarire meglio la nostra posizione ed evitare che la si scambi per una contrapposizione tra gli ATM e il nostro gruppo di storici dell'arte e archeologi. Esiste infatti una contrapposizione, ma non tra le persone, che vivono tutte in uno stato di maggiore o minore precariato, bensì tra le centenarie discipline archeologiche e storico-artistiche, che vorrebbero ancora continuare a sopravvivere, e alcune nuove figure professionali nate con giuste finalità di modernizzazione ma anche con una costitutiva ambiguità rispetto alle loro mansioni. Il nostro appello non è contro le aspirazioni dei singoli Assistenti tecnici ma contro il bando di concorso e la strategia di dequalificazione del personale e non riconoscimento dei titoli e delle professionalità. E se tale ambiguità poteva essere tollerata per uno o due anni, con l'emergenza del Giubileo alle porte e il rischio di tornare ai vecchi e ridottissimi orari dei musei, ci sembra che la definitiva immissione nel Ministero porti conseguenze gravissime. Per questo abbiamo steso il nostro appello a così lunga distanza dal concorso. Tuttavia la nostra non è stata una polemica tardiva: gli storici dell'arte avevano protestato subito, attraverso la loro associazione di categoria l'A.Na.St.Ar. (Associazione Nazionale degli storici dell'arte), con una lettera datata 10 novembre 1999 e mandata al quotidiano "La Repubblica" in risposta a un articolo sui risultati del concorso (la lettera è consultabile nel sito dell'Associazione). Nel documento si dichiarava:
"Se il Ministero voleva assumere dei giovani studenti come assistenti di sala ‚ mettendo davvero l'Italia al passo con l'Europa attraverso la promozione di una apprezzabile forma di student job - ha fallito (come risulta anche dalle graduatorie che vedono ovviamente i più vecchi ai primi posti); se invece voleva assumere del personale specializzato in grado di occuparsi della didattica, della promozione e della valorizzazione dei beni culturali ha bandito il concorso sbagliato. Il problema dunque non sono i laureati storici dell'arte, ma un concorso confuso nella formulazione e schizofrenico negli obiettivi".
Il problema centrale risulta essere la contraddizione tra i criteri selettivi e l'ampiezza delle mansioni, con il risultato che gli stessi ATM si lamentano continuamente perché in alcune sedi sono imprigionati nella semplice custodia delle sale o la minima accoglienza e in altre sedi svolgono mansioni decisamente superiori: fanno visite guidate e conferenze, organizzano attività didattiche, collaborano alla schedatura di opere e all'archiviazione di documenti, progettano i siti internet dei musei e gli apparati divulgativi, scrivono i testi delle audioguide e i cartellini delle opere, partecipano agli allestimenti e ai cataloghi delle mostre. Insomma, dietro l'attenuante che loro "collaborano" a tali attività, di fatto svolgono quelle mansioni che dovrebbero spettare agli storici dell'arte laureati, se non addirittura specializzati, e in effetti molti di loro lo sono (anche se al concorso hanno avuto accesso grazie al voto di diploma e alla giovane età). È paradossale che ci siano degli ATM con Specializzazione e Dottorato di ricerca che fanno i custodi, mentre altrove dei semplici diplomati "spiegano" Raffaello, ma ancora più paradossale è che altri specializzati (non ATM) sopravvivano, quando ci riescono, con saltuarie collaborazioni esterne e altre forme di lavoro che li rendono davvero "più precari dei precari". Una situazione così confusa era tollerabile nell'emergenza, ma non sostenibile per sempre: non è giusto che con questa così estesa oscillazione di mansioni gli ATM entrino come personale a tempo indeterminato, precludendo la possibilità che il Ministero indica concorsi specifici per storici dell'arte (visto che, di fatto, molti ATM già svolgono quelle mansioni, e a buon prezzo). È vero che sono necessarie delle figure intermedie che garantiscano un'elevata qualità del rapporto tra museo e pubblico, ma una cosa è l'accoglienza e la vigilanza, un'altra la didattica e la collaborazione alla ricerca.
C'è da aggiungere un'altra questione: il sistema delle riqualificazioni interne al Ministero ha corrotto un principio giusto, cioè quello di incentivare e gratificare i lavoratori più attivi e capaci, arrivando a un progressivo passaggio di livello e infine di area, per cui una buona parte del personale entrato in area A andrà a riempire il B1, e il personale B3 finirà in C1, e tutto questo avviene senza riservare una considerevole quota dei posti agli esterni, come invece ha sancito una sentenza della Corte Costituzionale. Gli ATM (che sono B3 e sono entrati come diplomati), grazie al lavoro svolto e ai titoli nel frattempo acquisiti, una volta dentro potranno piano piano andare a coprire "effettivamente" i ruoli degli storici dell'arte e degli archeologi. È su questo che gli storici dell'arte protestano: il rischio che si ripeta la tristissima vicenda della Legge 285 e che si attuino concorsi riservati. Insomma noi vediamo due sole alternative legittime: o si limitano le mansioni (riducendole in modo rigido alla sola accoglienza, per la quale va bene il diploma, la conoscenza dell'inglese e qualche nozione sul museo dove si opera) o si indice un concorso che innalzando le mansioni (cioè sviluppando quelle previste dal bando: visite guidate e attività didattica, collaborazione ai progetti di studio, ricerca e valorizzazione), apra però le porte a tutti e tenga conto dei titoli, delle pubblicazioni, delle collaborazioni senza creare un canale privilegiato per gli ATM. Noi siamo disposti a sostenere la causa di nuovi concorsi e l'immissione di personale qualificato, contro il processo di esternalizzazione dei servizi voluto con tanta insistenza da Tremonti e dalle monopolistiche società private che operano in questo settore. È vero che bisogna evitare le guerre tra poveri, ma non lo si può fare giocando al ribasso.
Cordiali saluti,

Claudio Gamba
Redazione del sito "Più precari dei precari"
(http://utenti.lycos.it/piuprecarideiprecari/index.htm)

 

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