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"Maestà di Roma"? di Chiara Savettieri "A
cosa è servito alle arti della pittura e della scultura, in Francia, mantenere
una scuola a Roma?". A chiederselo (1796) è l'intellettuale francese Pommereul,
dopo aver rilevato che Eustache Le Sueur era stato pittore originale senza
aver messo piede a Roma. Quattro anni prima, sulla travolgente ondata
rivoluzionaria, l'Académie de France a Roma era stata soppressa,
seguita (1793) da tutte le accademie francesi. |
J.A. D. Ingres, Il sogno
di Ossian, 1813, Montauban, Musée Ingres
La trama della Storia. Tessuti dalla preistoria all'arte contemporanea in Trentino
di Cristina Borgioli
Da sempre
ricamo e tessuti sono un mezzo espressivo. Che nasca in contesti artigianali
o negli studi di artisti versatili, sia medium alternativo di individuali poetiche
artistiche o testimonianza dell'immanente e primitiva necessità del "coprirsi",
l'intreccio di trama e ordito può raccontare molto a chi si soffermi a leggerlo.
Ne danno occasione due insolite mostre trentine in corso: Il Racconto del
filo. Ricamo e cucito nell'arte contemporanea (Mart, Rovereto, 31/5-7/9,
catalogo Skira, euro 40) e Textiles. Intrecci e tessuti dalla preistoria
europea (Museo Civico di Riva del Garda, 24/5-19/10, catalogo Provincia
Autonoma di Trento, Sevizio Beni Culturali, euro 35).
Al Mart di Rovereto si indagano i percorsi sviluppati da una trentina di artisti
contemporanei che, con ago e filo, si sono cimentati nella ricerca di un linguaggio
diverso. Linguaggio che viene recuperato dal passato e rimane legato all'idea
(riduttiva ma ribadita da molti degli artisti nelle testimonianze in catalogo)
di una attività usualmente femminile e forzatamente domestica, che acquista,
nel momento in cui viene consapevolmente scelta come autonoma forma espressiva,
il valore di sfida trasgressiva e, contrapponendosi alla propria tradizione,
"la potenzialità di atto sovversivo" (Carlos Arias).
Se da una parte infastidisce la lettura in chiave post-femminista del ricamo
come tecnica espressiva ideale per tematizzare la contrapposizione dei ruoli
sessuali nell'arte odierna (poiché lo si considera solo attività-archetipo del
femminile-domestico, dimenticando che dal Medioevo al XVIII sec. il lavoro del
ricamatore fu soprattutto maschile e piuttosto remunerativo), vero è che per
questi artisti la pratica del lavoro ad ago non è un semplice esercizio di stile.
Il filo, in questo caso non solo ideale, che lega le opere esposte pare essere
infatti proprio la volontà di catalizzare l'attenzione su ciò che viene generalmente
considerato "ai margini". In questo contesto l'uso di una tecnica "artisticamente
marginale" come il ricamo, se valutato in un'ottica domestica, artigianale,
popolare e decorativa (con tutta l'accezione negativa che modernismo e funzionalismo
possano aver dato al termine) diviene scelta linguistica densa di significato.
C'è chi gioca sul corto circuito che si innesca nell'affidare ad un lavoro dimessamente
femminile (o presunto tale) messaggi che attengono all'intimità o che sono sessualmente
espliciti: l'egiziana Ghada Amer campisce tele ricamandovi teorie di immagini
di autoerotismo femminile e baci saffici scanditi come semplici patterns;
Tracey Emin cuce con lettere di stoffa variopinta il proprio Love Poem
su una coperta matrimoniale.
Il carattere popolare del ricamo, come forma di artigianato in cui l'identità
culturale di chi la produce ha un ruolo fondamentale, ha indotto a porre l'accento
sull'aspetto politico e sociale che questa attività può rappresentare. Dall'esperienza
di Boetti - protagonista del nucleo centrale dell'esposizione - che tese alla
"spersonalizzazione" dell'opera, delegando programmaticamente l'esecuzione dei
suoi arazzi a ricamatrici afgane, nasce l'idea di Rainer Ganahl di far ricamare
su grandi bandiere bianche le reazioni del popolo afgano ai commenti della stampa
statunitense sul recente conflitto. Mona Hatoum crea una keffieh in cui
il reticolato nero è dato dall'intreccio di capelli femminili: il copricapo
- di destinazione maschile e politicamente connotato - tessuto con i capelli
delle donne che sono obbligate a velarsi per nascondere le chiome, si avvale
così di una pregnante contraddizione simbolica.
Claudia Losi presenta in mostra i risultati del suo ultimo "ricamo collettivo":
gomitoli inviati a gruppi eterogenei di donne che tornano all'artista variamente
decorati, creando contatti tra persone geograficamente e socialmente distanti.
Il ritmo rallentato del minuto gesto reiterato con cui si compone un ricamo
è l'aspetto intorno al quale ruota la poetica di Marina Lai, che ricama libri
di stoffa dove la scrittura si sfilaccia e deborda dai morbidi margini delle
pagine. Analogamente Carlos Arias "costruisce" su tele impalpabili evanescenti
nudi maschili di grande suggestione, che intenzionalmente portano lo sguardo
a soffermarsi sui singoli punti del ricamo. Il filo che attraversa la materia,
che sta sopra e sotto, visibile e invisibile, diviene per Mariann Imre l'occasione
per lavorare con materiali incompatibili e compiere quasi una magia, ricamando
col filo rosso cinquantacinque cuori di cemento. Le opere presentate in mostra
sono selezionate dal panorama attuale dell'arte, proprio a voler interpretare
il ricamo come una rinnovata e recentissima tendenza. Forse bastava questo:
appare debole e un po' forzato infatti l'aggancio al primo Novecento con l'esposizione
di un solo arazzo di Balla e poche (pur strepitose) tarsie tessili di Depero.
In maniera coraggiosa ed encomiabile la mostra di Riva del Garda affronta, con
spirito didattico ma che poco indulge alla "ricostruzione", un tema scientificamente
quasi sconosciuto in Italia: le esperienze europee di tessitura ed intreccio
dal Neolitico all'età del Bronzo. In questa occasione l'esauriente catalogo
- pur non risultando sempre puntuale nella lettura delle tecniche tessili -
contribuisce a colmare una vistosa lacuna nella letteratura italiana in materia.
In mostra, partendo dall'elaborazione delle fibre vegetali e animali, si attraversano
tutte le fasi della nascita di un tessuto: la filatura, l'intreccio manuale,
la tessitura, addirittura il cucito ed il ricamo. Sorprendente la quantità di
reperti presentati. Accanto agli utensili, ai filati, alle casuali impronte
dei tessuti su supporti ceramici, sono presenti frammenti tessili tecnicamente
sofisticati, come quelli provenienti dagli scavi di Molina di Ledro. Tra questi
un frammento in lino con decorazione a losanghe (realizzata in armatura diagonale),
una cintura - giuntaci integra - in tela con frange ed occhielli alle estremità,
una tela con inserimenti decorativi di semi vegetali (quasi un antenato del
ricamo), tutti risalenti al Bronzo Antico. Uno straordinario reperto in tela
broccata dell'Età del Rame, proveniente da Irgenhausen, reca un disegno geometrico
a grandi triangoli e cornici a losanghe che, nella ricostruzione, rimanda la
mente a certi ricami suprematisti.
Archetipi decorativi o semplici suggestioni?
C. Losi, Rinvii, 2002-03