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Cuspide


Esposizioni di teatro e cultura del teatro

di Maria Ines Aliverti

Le esposizioni teatrali, in particolare quelle a carattere storico, sono in Italia un fenomeno relativamente recente. Solo dopo il 1970, in due centri di grande tradizione teatrale come Venezia e Firenze, si è iniziato a valorizzare attraverso specifiche iniziative espositive il patrimonio artistico teatrale, elaborando al contempo approcci altamente innovativi nel campo della storia del teatro e della scenografia e nell'analisi e interpretazione dello spazio teatrale: mi riferisco, come molti sapranno, alle storiche esposizioni presso la Fondazione Cini curate da Maria Teresa Muraro, Elena Povoledo e Franco Mancini e a quella famosissima ideata da Ludovico Zorzi nel 1975 a Firenze (Il luogo teatrale a Firenze), in collaborazione con Mario Fabbri, Anna Maria Petrioli Tofani ed Elvira Garbero Zorzi. È indubbio che già negli anni precedenti un forte impulso a una nuova concezione del patrimonio storico del teatro era stato dato da quell'opera capitale e mai troppo lodata che è la Enciclopedia del teatro e dello spettacolo (9 voll., 1954-1962) diretta da Silvio D'Amico, vera e propria fucina in cui maturò, a contatto con grandi studiosi stranieri (400 collaboratori stranieri), la storia del teatro italiana (200 studiosi italiani) e che pose le basi di una più approfondita conoscenza della cultura tecnica e materiale del teatro, nonché della cultura artistica a esso relata. Come osserva Paolo Puppa in un recente intervento (2001), con quest'enciclopedia "si allargò a dismisura la geografia dello spettacolo". L'enorme corpo illustrativo (700 illustrazioni nel testo, 1800 fuori testo, 320 tavole a colori) si offre al lettore come il primo grande e completo museo cartaceo del teatro.
Fuori d'Italia le esposizioni teatrali si facevano già dagli inizi del secolo, così come prima si erano riconosciute autonomia e dignità scientifica alla storia del teatro (nei paesi di lingua germanica e in Inghilterra), e prima era iniziata - e la contemporaneità è tutt'altro che casuale - la rivoluzione della regia tributaria in larga parte del moderno storicismo. L'esposizione internazionale di musica e di teatro che nel 1892, a Vienna, riuniva per la prima volta una quantità incalcolabile di materiali concernenti la storia dello spettacolo delle grandi civiltà dette a Clara Ziegler l'idea di fondare il primo grande museo teatrale tedesco, quello di Monaco; a questa fecero seguito, nel 1900, l'esposizione teatrale nell'ambito dell'Exposition Universelle, e nel 1908 quella promossa dall'Union générale des arts décoratifs al Louvre che riuniva il meglio dalle collezioni teatrali francesi dell'epoca; molti pezzi esposti provenivano dalla collezione di Jules Sambon, che, all'asta Drouot del 1 maggio 1911, venne acquistata dal governo italiano, sollecitato da Boito, insieme con il contributo generoso di 50 cittadini milanesi, venendo così a formare il nucleo originario del Museo Teatrale alla Scala.
Ricordo poi come le esposizioni internazionali del design teatrale abbiano contribuito sin dagli inizi del Novecento a imporre il grande teatro di regia e la scenografia d'avanguardia: da quelle di Mannheim e Varsavia nel 1913, a quella di Zurigo del 1914, alla grande esposizione di Amsterdam nel 1922 (più di 800 pezzi che rappresentavano l'attività di 161 designers teatrali di 11 paesi), che dopo un lungo tour europeo approdò anche negli States. A Londra, ospitata al V&A, la International Theatre Exhibition - la cui importanza non è stata mai abbastanza sottolineata - dette il definitivo incoraggiamento alla creazione del Theatre Museum presso lo stesso museo (1924), grazie anche al lascito della collezione di Gabrielle Enthoven. È evidente da questi pochi dati che la sinergia di collezionismo ed esposizioni è stata alla base della creazione di grandi musei teatrali europei.

In questi ultimi anni si è assistito nel nostro paese a un intensificarsi delle occasioni espositive correlate in varia maniera con il teatro e con la sua storia. Accanto alle numerosissime mostre monografiche dedicate a singole personalità di artisti: registi, attori, scenografi, costumisti, fotografi teatrali, o a singole istituzioni teatrali di tradizione storica, una serie di mostre tematiche hanno posto l'accento, con impostazioni metodologiche diversificate, sui sempre intriganti rapporti che intercorrono tra arti figurative e teatro. Ricordo, solo negli ultimissimi anni, la mostra monografica su Eleonora Duse, a cura di Maria Ida Biggi, per il 50° anniversario della Fondazione Giorgio Cini a Venezia (2001-2002), quelle dedicate ai Bibiena (Bologna 2000-2001, a cura di Deanna Lenzi e Jadranka Bentini), e a Giacomo Torelli (Fano 2000, a cura di Francesco Milesi), e alcune recenti iniziative fiorentine, quali l'accurata ricostruzione espositiva della storia del Teatro della Pergola (Lo spettacolo meraviglioso, 2000), a cura di Marcello De Angelis, Elvira Garbero Zorzi et alii, e la riedizione in formato ridotto di due grandi mostre del passato: Teatro e spettacolo nella Firenze dei Medici. Modelli dei luoghi teatrali, a cura di Elvira Garbero Zorzi e Mario Sperenzi, 2001, basata sui modelli lignei approntati per la già citata mostra del 1975, e Pittori del '900 al Maggio Musicale Fiorentino, 2003, a cura di Moreno Bucci, riproposta della fondamentale rassegna sulle scenografie del Maggio ideata alla fine negli anni Settanta da Raffaele Monti (Visualità del Maggio, 1979). In questi giorni si è aperta presso la Fondazione Ragghianti di Lucca l'esposizione dedicata a scenografie e costumi delle opere pucciniane: La scena di Puccini, curata da Vittorio Fagone, direttore dell'istituzione lucchese e da Vittoria Crespi Morbio, curatrice degli archivi della Scala. In una direzione tematico-metodologica volta a investigare i rapporti tra arte e teatro è ancora da notare l'approdo in Italia delle esposizioni shakespeariane: dopo quella incentrata su Füssli pittore di Shakespeare. Pittura e teatro (1775-1825) presso la Fondazione Magnani Rocca a Mamiano di Traversetolo (1997), la recentissima Shakespeare e l'arte, a cura di Jane Martineau e Maria Grazia Messina al Palazzo dei Diamanti di Ferrara (2003), ora trasferita alla Dulwich Picture Gallery di Londra, istituzione che con Ferrara Arte ha collaborato all'allestimento. Accanto all'universo di Shakespeare, intorno al quale si concentra già dal diciottesimo secolo gran parte del patrimonio della pittura teatrale inglese, quello del nostro melodramma ha meritato di recente un approccio espositivo di grande ricchezza, anche dal punto di vista metodologico: si tratta della mostra curata da Giovanni Godi e Carlo Sisi, La tempesta del mio cor. Il gesto del melodramma dalle arti figurative al cinema (Parma, 2001).
Va osservato che solo poche tra queste esposizioni sono state promosse o ospitate in musei teatrali: quest'aspetto è positivo, perché implica certamente approcci di interesse multidisciplinare e destinazioni più ampie, e insieme negativo, perché rivela le difficoltà di alcune maggiori istituzioni museali italiane che anche per motivi contingenti (i restauri al Burcardo e alla Scala), sono state costrette a ridurre in questi ultimi anni le loro iniziative. Il Burcardo, dopo il complesso restauro iniziato nel 1995, e grazie alla brillante direzione di Maria Teresa Jovinelli, ha ripreso da tre anni un'attività espositiva regolare: ultima in ordine di tempo la mostra su Petrolini dalle macchiette a Molière (2003).

Non v'è dubbio che in senso generale le esposizioni teatrali contribuiscano ad accrescere nel pubblico l'idea che la cultura teatrale, quando si esprime in opere d'arte o più in generale in manufatti artistici legati alla pratica spettacolare o anche solo ispirati da essa, tesaurizzi un patrimonio permanente indipendente dal carattere effimero inevitabilmente connesso con l'arte stessa del teatro. Dico indipendente da questo senso dell'effimero e non tanto in contrasto con esso, poiché la valorizzazione che documenti e "monumenti" del teatro assumono nel quadro di una esposizione storica li sottrae a quel senso di patetica inferiorità e a quel che di polveroso e decaduto che sembra pervadere inevitabilmente le "memorabilia" teatrali anche nella più raffinata delle collezioni specialistiche. Una consapevolezza più distaccata, e una lettura scientifica, che vanno significativamente di pari passo con quel progressivo e purtroppo tutt' altro che completato recupero e restauro dei nostri edifici teatrali storici, inaugurato in maniera sistematica nel contesto delle politiche regionali e di molte amministrazioni locali a partire dall'inizio degli anni '80.
Un elemento che potrebbe interagire positivamente con questo nuovo approccio al patrimonio storico teatrale nel suo complesso è lo sviluppo dei corsi di laurea universitari di teatro e spettacolo, fenomeno in crescita soprattutto nell'ultimo decennio, che oltre a influire per varie ragioni sulla produzione teatrale, finirà inevitabilmente con il creare un'utenza non solo più avvertita in relazione alle attività di spettacolo, ma anche del pari sensibilizzata a ciò che attiene alla memoria e alla conservazione della cultura teatrale. Va tuttavia rimarcato che non esiste attualmente presso nessun DAMS (estendendo impropriamente il nome dello storico istituto bolognese) un insegnamento o un seminario specialistico dedicato a collezionismo e museologia teatrali. Solo nel biennio specialistico di prossima inaugurazione presso il CMT (corso di laurea in Cinema, Musica e Teatro) dell'Università di Pisa ci siamo proposti di attivare un'attività seminariale dedicata a questo settore (docenti Pier Marco De Santi e Maria Ines Aliverti). E pariteticamente lo studio del patrimonio storico teatrale è assente, come tema specialistico anche presso i corsi di laurea in Conservazione dei Beni Culturali. È quindi un puro caso, data la ormai quasi generale diversificazione dei percorsi di spettacolo e di quelli storico artistici o di Beni Culturali, che si possa raggiungere in questo campo un abbozzo di formazione specifica.
Mancano poi in Italia strutture pubbliche in grado di fornire a livello nazionale un punto di riferimento per questo genere di studi (si deve però menzionare il neonato Comitato promotore dell'Associazione per la conservazione e la promozione della memoria dello spettacolo, http://www.theatrelibrary.org/spettacolo/comitato.htm), come ad esempio avviene in Francia, dove il Département des Arts du Spectacle della Bibliothèque Nationale de France (istituito nel 1976) coordina oggi in un organismo centrale di amministrazione e di programmazione culturale alcune tra le più importanti raccolte di interesse teatrale conservate in diverse biblioteche parigine: siti Richelieu e Tolbiac della Bibliothèque Nationale de France, Bibliothèque de l'Arsenal e Bibliothèque Musée de l'Opéra, nonché il polo archivistico della Maison Jean Vilar di Avignone.
Per inciso ricordo che c'è anche un nuovo settore di interazione tra arte e teatro che riguarda l'applicazione di criteri scenografici e scenotecnici nell'allestimento delle esposizioni d'arte (tema di un recente seminario al Louvre), e merita almeno di essere citato un altro campo in forte espansione quale quello delle attività di carattere performativo nei musei.
In questa fase, ancora di grande apertura verso esperienze innovative, le esposizioni teatrali offrono interessanti occasioni di confronto tra storici del teatro e storici dell'arte, rivolte a prospettive non effimere sia nella direzione della valorizzazione del patrimonio teatrale, che in quella non meno importante della formazione di giovani studiosi.

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