Vicopisano,
laboratorio di sperimentazione di un'inedita collaborazione
di Margherita Zalum
Eccezionale
scrigno di testimonianze storiche e artistiche, Vicopisano (in provincia
di Pisa) è un borgo di antichissima origine, che sino all'inizio
dell'Età Moderna ha svolto un ruolo fondamentale negli equilibri
economici e politici del Valdarno. Abitato probabilmente già in
epoca etrusca, il colle nel X secolo è sede di un castello dei
Marchesi Obertenghi, edificato nel luogo ove anticamente confluivano i
fiumi Arno e Auser. Proprio l'ubicazione strategica del borgo gli attribuisce
un'enorme importanza sia militare che economica: l'Arno è la principale
via di collegamento tra Firenze e il mare, mentre l'Auser, emissario del
Lago di Sextum, mette in comunicazione con la Lucchesia. Solo in seguito
alle bonifiche e alla deviazione del corso dell'Arno, avvenute nel XVI
secolo, l'importanza di Vicopisano si è progressivamente ridimensionata.
Cessata la dominazione degli Obertenghi, Vicopisano passa sotto il domino
dell'arcivescovo di Pisa (XII secolo) e poi della Repubblica Pisana (XIII
secolo); col declino del potere pisano, il borgo si trova al centro degli
aspri conflitti armati tra pisani e fiorentini, intenzionati a conquistarne
il controllo in virtù della sua importanza strategica. Le necessità
difensive hanno lasciato una traccia visibile sulla fisionomia del borgo
murato, caratterizzata dalla presenza di una Rocca edificata nel 1330
(oggi non più esistente) e da ben nove torri, cui si aggiungono
quattro torrioni cilindrici, utilizzati per il controllo strategico delle
mura del borgo e quindi non destinati all'uso civile. Esse costituiscono
un ricchissimo patrimonio documentario sulle tecniche edilizie dei secoli
XI-XV.
Tra tutte, spicca l'imponente Rocca nuova, detta anche del Brunelleschi,
proprio perché il celebre architetto, in seguito alla conquista
di Vicopisano da parte dei fiorentini (1406), approntò un progetto
di modifica e rifortificazione della struttura, inglobando nelle nuove
fortificazioni la pre-esistente Torre di S. Maria (del XII secolo). Quest'ultima
è diventata il mastio dell'attuale Rocca, caratterizzata da una
serie di ponti levatoi in successione che isolavano singole parti della
fortezza e premettevano di difenderla anche nel caso in cui il nemico
fosse riuscito a penetrarvi.
La soluzione più geniale ideata da Brunelleschi è comunque
il poderoso muraglione merlato che scende dalla Rocca fino ai piedi del
Colle, dove termina in un'alta torre sorgente nelle vicinanze dell'Arno,
la Torre del Soccorso. Esso era facilmente difendibile dall'alto e aveva
la funzione di impedire un isolamento completo della Rocca, garantendo
l'approvvigionamento di viveri, armi e soccorsi via fiume in caso di assedio.
Oltre alla Pieve di S. Maria, citata già nel 934 d.C., si hanno
notizie di ben altre sei chiese, alcune delle quali con un monastero annesso.
Esistevano poi nel borgo due ospedali, quello di Vico o di S. Bartolomeo
o della Misericordia e quello di S. Maria. Notevole anche l'edilizia civile,
attestata da circa 90 edifici, che consiste principalmente in case-torri
("domus") dell'aristocrazia feudale e più tardi mercantile
e in alcune "domus" di famiglie mercantili o borghesi. I vari
esempi preservati documentano dettagliatamente lo sviluppo tipologico
della casa torre a partire dall'XI secolo, che lentamente evolve verso
l'edificio a fornici due-trecentesco. All'interno del borgo sono anche
rappresentati il tipo della "casa" di epoca tardo-medievale
e proto-rinascimentale e il tipo del palazzetto tardo-rinascimentale e
secentesco.
Impossibile non ricordare infine la ricchezza e la complessità
degli insediamenti del territorio, tra i quali spiccano le strutture difensive
della rocca della Verruca, del castello di Monte Roncali e della torre
di Caprona. Nella stessa Caprona e ad Uliveto sono interessanti le testimonianze
di edilizia residenziale, anche se l'esempio più antico e significativo
è dato dalla torre che sorge in località La Torre a Lupeta.
Per conservare e valorizzare questo inestimabile patrimonio storico, architettonico
e urbanistico, la Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa, il Comune di
Vicopisano e la Provincia di Pisa hanno dato vita ad un'Associazione di
Promozione Sociale denominata "Il Borgo Murato". La costituzione
dell'APS è scaturita dalla valutazione congiunta, effettuata dai
tre enti, delle finalità complessive dell'iniziativa e dalla constatazione
dell'esistenza di comuni linee di indirizzo e di impegno istituzionale,
generando la volontà di dare loro concreta attuazione attraverso
una formalizzazione dell'impegno con uno strumento adeguato. L'Associazione
"si propone di tutelare, recuperare e valorizzare il complesso storico,
architettonico ed urbanistico del Comune di Vicopisano, promuovendone
le finalità culturali tenuto anche conto delle connesse opportunità
turistiche, con il fine ultimo di salvaguardare, nell'interesse pubblico,
le peculiarità del patrimonio culturale che rappresenta, di diffonderne
la conoscenza e di agevolarne la generale fruibilità" (dallo
Statuto).
La finalità dell'APS è dunque duplice: da un lato genuinamente
culturale - promozione di studi e ricerche e concreta realizzazione di
interventi di restauro dei numerosi monumenti del borgo - e dall'altro
"interessatamente" economica - incentivazione dello sviluppo
economico e sociale del territorio attraverso il potenziamento della vocazione
turistica del borgo. Questa situazione in un certo senso ambigua deriva
tra l'altro dalla non scontata fisionomia giuridica dei tre soci fondatori:
una fondazione di origine bancaria e due enti pubblici territoriali; questi
ultimi, pur rappresentando emanazioni del potere dello Stato, non sono
tra gli organi preposti alla tutela e gestione dei beni culturali (o almeno,
non lo erano fino al tempo della legge Bassanini).
Grandi assenti, almeno a questo livello, le competenti Soprintendenze
(quella ai Beni Archeologici di Firenze e quella ai Beni Artistici, Architettonici
e Ambientali di Pisa). Ovviamente, la loro collaborazione sarà
non solo richiesta ma espressamente ricercata in sede di progettazione
dei singoli interventi di restauro e riqualificazione, sia per avvalersi
delle indubbie competenze dei loro tecnici, sia per agevolare tutte le
operazioni di supervisione e controllo sulla corretta esecuzione dei lavori.
Un'iniziativa di per sé così meritoria, almeno negli intenti,
ripropone perciò alcune scottanti questioni dell'attualità:
il problema del potenziale conflitto tra le rispettive competenze dei
vari organi statali, tutti legittimati ad operare, ma in ambiti a volte
non del tutto chiaramente distinguibili; l'ancor più spinosa questione
del rapporto tra enti pubblici e figure giuridiche private nella gestione,
conservazione e tutela del patrimonio artistico e architettonico italiano,
con il potenziale conflitto d'interessi (espressione tanto di moda
)
che ne scaturisce; infine, last but not least, la tendenza apparentemente
inarrestabile - e tanto più pericolosa in quanto acriticamente
accettata - ad adottare un modello di gestione e valorizzazione dei beni
culturali di provenienza estera e fortemente improntato ad una visione
economicistica della realtà.
Problemi di vastissimo respiro, che questo breve contributo non può
certo pretendere di sciogliere; vale la pena tuttavia, anche data la vicinanza
geografica, non lasciar cadere le occasioni per rifletterci sopra.
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