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Incontri

Medioevo: immagini e ideologie
Parma - Palazzo Sanvitale, 23-27 settembre 2002

di Chiara Balbarini

Il tema dei rapporti tra arte e ideologie al quale è stato dedicato quest'anno il V Convegno Internazionale di Studi di Parma ha costituito l'epicentro di un ampio dibattito attraverso dieci secoli di storia, dall'impero di Teodosio il Grande all'età dei Comuni.
L'utilizzo di immagini, iconiche o aniconiche, in luoghi privilegiati, scelti per la loro valenza altamente significativa all'interno o ai "confini" della città - palazzi imperiali, chiese di rilievo, porte monumentali di accesso alla città stessa - ha rivestito per tutto il Medioevo un ruolo fondamentale nei programmi propagandistici delle autorità politiche e religiose (i cui poteri si intersecano sostituendosi spesso gli uni agli altri); ruolo che appare del resto assai simile a quello affidato oggi alle immagini scelte dai mass media per simboleggiare avvenimenti e scenari contemporanei orientandone non di rado l'interpretazione. Le cinque giornate del convegno parmense sono state articolate in specifiche sezioni tematiche: Bisanzio e l'immagine, Ortodossia e eresie, Forma urbis, Le figure della politica, La "figura" dei papi, Le immagini e le sepolture, Immagini a margine, ciascuna delle quali già di per sé densa di richiami e sollecitazioni.
L'introduzione di Arturo Carlo Quintavalle ha posto l'accento sull'imprescindibilità della considerazione delle vicende storico-politiche per ogni ricostruzione cronologica e stilistico-attributiva, come ben dimostra la retrodatazione recente della diffusione catara in Francia.
Il caso di Bisanzio esemplifica forse al più alto grado l'utilizzo delle immagini quali manifesti di strategie di dominio: così Gianclaudio Macchiarella ha illustrato il programma iconografico della Porta aurea, dove la famiglia imperiale è rappresentata come una corte celeste e il chrismon diventa simbolo della vittoria costantinopolitana sugli stranieri invasori; mentre numerose relazioni sono state dedicate alla chiesa per eccellenza, S. Sofia, di cui conosciamo l'aspetto originario grazie alla descrizione del poeta di corte, Silenziario.
La questione dell'ortodossia romana e dei problemi ecclesiologici che investirono il papato tra IV e IX secolo trova un riflesso diretto nei programmi iconografici absidali delle chiese di Roma ispirati all'Apocalisse di Giovanni, come hanno evidenziato Silvana Casartelli Novelli e Antonella Ballardini; ma anche nei programmi relativi a importanti cattedrali europee, come quella di Santiago di Compostella, presa in considerazione da Manuel Antonio Castiñeiras Gonzàles, e di Angoulème e Poitiers, analizzate da Marie Thérèse Camus. Codici miniati dello stesso testo apocalittico sono stati esaminati da Giordana Mariani Canova, la quale ha evidenziato come nell'esaltazione della lotta tra il bene e il male - ad esempio nel famoso codice dell'Apocalisse di Bamberga - si rifletta la pressione delle eresie, rappresentate dall'immagine del Demonio e dalla scena della caduta degli angeli ribelli. Concezioni simili si riscontrano anche successivamente, nei testi figurati gioachimiti, che hanno grande fortuna anche all'inizio del Trecento con la cattività avignonese del papa e le vicende degli antipapi.
Provocatorio e stimolante è stato l'intervento di Adriano Peroni, che ha messo in guardia da facili interpretazioni iconologiche delle opere d'arte, influenzate spesso da pregiudizi ideologici - come quello responsabile, ad esempio, della damnatio memoriae di Federico Barbarossa.
È ancora l'ideologia alla base di un tema iconografico di grande interesse e 'attualità', quello del rogo dei libri, oggetto della relazione di Silvia Maddalo; il tema è stato ripercorso in modo puntuale dalla studiosa, che ha evidenziato la duplice valenza del fuoco, da un lato manifestazione di Dio e del suo giudizio, dall'altro concreto strumento della distruzione dei libri.
La discussione che ha chiuso la giornata (come tutte quelle successive, merito non trascurabile del convegno) ha accolto le sollecitazioni di Quintavalle e Peroni, sottolineando la necessità della storicizzazione della forma - in cui grande peso hanno fattori quali la committenza e le condizioni politiche - e dell'individuazione dei limiti di una corretta iconologia.
Nella sezione dedicata alle figure della politica, Christine Verzar ha esaminato le modalità di traduzione dell'ideologia e della personalità di Matilde di Canossa nelle opere dovute alla sua committenza, mentre l'erudita figura di Ruggero II è stata al centro della relazione di Hjalmar Torp, dell'Università di Oslo.
Giusi Zanichelli ha posto l'attenzione, invece, sull'Ideologia dell'immagine scientifica in un manoscritto contenente il De Proprietatibus rerum del francescano inglese Vivaldo; analizzando la struttura e il programma iconografico del codice, la studiosa ne ha evidenziato gli intenti mnemotecnici e la presenza di glosse visuali, come quella relativa alla rappresentazione di Roma, che concentra l'attenzione del lettore sulla città quale esempio di buon governo. Sul tema del buono e del cattivo governo è ritornata Monica Donato, che ha chiarito alcuni nodi problematici del famoso affresco nel Palazzo Pubblico di Siena: in particolare, la relazione tra quest'ultimo e, da un lato, il modello delle allegorie giottesche nella Cappella degli Scrovegni, dall'altro alcuni sonetti del Pulci.
Ai simboli di potere utilizzati, rispettivamente, dal papa e da gruppi familiari magnatizi sono state dedicate le due successive sezioni del convegno, mentre l'ultima ha dato spazio a quelle immagini che, o trovandosi in luoghi marginali dell'opera d'arte, o essendo considerate tali in una visione preconcetta (come quella misogina dominante nel Medioevo) non hanno goduto di considerazione o sono state fraintese.

Immagine: Giotto, Giustizia, 1306-9, Padova, Cappella degli Scrovegni
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