Prime
visioni:Motus.
Intervista a Daniela Nicolò
di Anna
Maria Monteverdi
Motus, giovane
ma già storica formazione teatrale riminese ex Generazione Novanta
diretta da Daniela Nicolò e Enrico Casagrande, ha recentemente
vinto il Premio Ubu per il progetto Rooms ispirato a camere d'albergo.
Il loro teatro attraversa da sempre i territori più svariati della
visione: cinema, video, architettura, fotografia; una visio eclettica
e poliedrica, irrispettosa delle specificità dei generi che opera
in scena sul cut up di burroughsiana memoria, sul découpage, sulla
tecnica del mixer e del montaggio. Nel loro teatro i miti greci convivono
con i fotoritratti hard core, le tele manieriste con le piume di struzzo.
Parlano di loro riviste di moda, di design e di architettura; ospiti dei
più importanti Festival internazionali, nel 2004 Riccione Ttv -che
nel 2000 attribuì al loro video tratto da Orlando Furioso il premio
come miglior videocreazione teatrale- gli dedicherà una personale.
Con le loro installazioni, performance e spettacoli i Motus ci hanno fatto
venire in mente Warhol, DeLillo, Cocteau, Easton Ellis, Nick Cave, Abel
Ferrara, Gus Van Sant. Si sono rinchiusi in scatole sceniche in plexiglass
(Catrame, O.F. Ovvero Orlando Furioso impunemente eseguito da Motus),
dentro appartamenti (Orpheus glance) lavanderie a gettone (Blur), celle
frigorifere (L'occhio belva) e camere di albergo (Twin rooms, Splendid's).
Le loro opere, dispositif à voir. Strutture sceniche come "territori
esistenziali" di confine, come "architetture di piacere".
Orpheus glance nasceva come installazione muta, i personaggi nient'altro
che manichini di una favola-mito-fotoromanzo-fiction; nel lungo lavoro
di rifinitura e di riambientazione successiva, i manichini prendono la
parola, anzi la voce: Orfeo dio "fonocentrico"secondo Motus
è Nick Cave (interpretato dall'attore-cantante Dany Greggio) e
abita in un appartamento a New York, ripensa a Euridice che ha perso per
sempre e che è un sogno vestito di lurex, lontano come i paesaggi-cartolina.
Rooms è il lungo progetto che ha avuto una prima visione in forma
installattiva nel 2001 al Museo Pecci di Prato; in scena un "contenitore"
d'ambienti: camera d'albergo e bagno (architetto: Fabio Ferrini), simile
per certi aspetti al Container Zero di Jean Paul Raynaud (1988, Centre
Pompidou) che si impone quale macchina dello sguardo e simbolo di una
esasperata ricerca di uno spazio interiore; un luogo -anzi un non lieu-
da riempire di oggetti, parole, suoni e immagini evocati dal cinema e
dalla letteratura. Per il Festival di Santarcangelo (Vacancy room) l'azione
teatrale, che procede per riquadri e close up e ricostruisce un set, simula
il cinema; la struttura si raddoppia per "Netmage" (Bologna,
2002) con immagini preregistrate o provenienti da telecamere a circuito
chiuso che affiancano la stanza reale; per "Temps d'images"
(Twin rooms, Biennale di Venezia, 2002) le immagini preesistenti vengono
mixate live con quelle girate in diretta dagli attori in scena. La regia
teatrale diventa regia di montaggio. La cornice scenografica di questo
expanded live cinema dove "il corpo vede se stesso che vede"
(Merleau-Ponty), invade tutto lo spazio del palco e le immagini riempiono
ogni interstizio possibile, generando un sovraccarico di visibile: la
videocamera moltiplica gli sguardi e seziona i corpi, dati in pasto allo
sguardo del pubblico. I personaggi e il loro doppio in immagine in questa
dimensione di "incorporazione criptica," prendono sembianze
di morte.
Progetti in corso: un lungometraggio tratto dal loro ultimo e acclamato
lavoro, Splendid's ispirato all'opera di Genet e rappresentato in alberghi
di lusso, un'installazione da Twin Rooms e la riproposta per spazi espositivi
di White noise, road movie in forma di videoinstallazione su tre schermi
creato per "Italian Landscape". Dal 1991 all'interno di MOTUS
si sono avvicendati, tra gli altri: David e Cristina Zamagni, Alessandro
Zanchini, Giancarlo Bianchini, Cristina Negrini. Collaboratori per il
suono e la fonica: Massimo Carozzi e Carlo Bottos. Motus è attualmente
compagnia internazionale con: Dany Greggio, Tommaso Maltoni, Vlada Aleksic,
Damir Todorovic, Renaud Chauré, Eva Geatti, Caterina Silva. Organizzazione
e logistica: Sandra Angelini, Marco Galluzzi, Roberta Celati.
Domanda:
"Orpheus glance" e "Twin rooms" hanno molti punti
in comune e tra questi il luogo, un interno (che ricorda il tema del "territorio
mutante" e della "territorializzazione esistenziale" di
Guattari) e la lunga genesi costruttiva: modifiche, innesti narrativi
e visivi.
Daniela Nicolò: "Il rapporto con lo spazio mutante è
stata la spinta sin da quando abbiamo iniziato a occuparci di teatro,
proponendo performance in centri sociali, gallerie d'arte, spazi urbani,
nella metropolitana di Milano (per "Subway" 1998, ndr); successivamente
quando siamo entrati in teatro, che ha spazi già strutturati, abbiamo
sentito la necessità di creare ulteriori pareti, un'architettura
effimera, smontabile, un dispositivo architettonico. L'idea era di concepire
l'interno in un'ottica di conflitto con l'esterno, la scena urbana con
l'io psichico e corporeo, radicalizzato in Orpheus con la resa di un ambiente
domestico iperrealistico, La struttura scenica è però una
simulazione, anche se ha arredi, pareti, è un modello: per realizzarlo
abbiamo lavorato con architetti e designer. Recentemente abbiamo fatto
anche workshop per la Domus Academy per raccontare il nostro sguardo teatrale
sulla tematica degli interni. La struttura è poi funzionale al
nostro discorso sul cinema, al tema del montaggio.
Il ruolo del video in Twin rooms: moltiplicatore di sguardi, introspettivo,
narcisistico.
In tutti i nostri spettacoli abbiamo evocato il cinema ma volevamo evitare
l'effetto estetizzante del fondale con le immagini proiettate che è
poi l'uso più diffuso; arrivare al video è stato un percorso
necessario, una modalità che integra i meccanismi di narrazione
dello spettacolo. Inizialmente avevamo il dispositivo che era un ambiente
solamente abitato (il dialogo è il sonoro di un film) e volevamo
mantenere questa separazione tra la narrazione filmica e gli attori: tutto
rimandava all'idea di set cinematografico, l'azione era fatta per essere
filmata, era materiale per un film. In Twin rooms (fase finale di Rooms,
ndr) è stato come esplicitare questo meccanismo di narrazione:
i due schermi sono attraversati da immagini provenienti da telecamere
diverse. La storia è tratta dal romanzo di DeLillo Rumore bianco,
ma è continuamente frammentata. La presenza di una telecamera nelle
mani di un attore permette di focalizzare un particolare della scena,
è un altro occhio, oltre a quello dello spettatore. Ci interessava
questa triangolazione di sguardi, un occhio interno, digitale che cattura
il dettaglio, il primo piano che a teatro necessariamente perdi. Noi in
regia, abbiamo tutti questi "sguardi" che combiniamo insieme
con un montaggio in diretta sulla base di una partitura, ma gli attori
hanno grande libertà, ormai hanno l'abitudine a recitare con la
telecamera in mano e ad avere molti occhi puntati su di loro."
- Il progetto Rooms nasceva come installazione-mise en boite di corpi
esposti in un ambiente privato, intimo e ora torna ad essere installazione
video senza corpi.
D. N.: "Su Twin rooms abbiamo molto materiale video: tutte le diverse
versioni sono state registrate, tutte le microvariazioni di una stessa
scena e le riprese video girate dagli attori; per Riccione Ttv 2004 abbiamo
pensato ad un'installazione che abbia una propria caratteristica spaziale:
i monitor dovrebbero rimandare tutti i diversi sguardi sull'azione, senza
perderne però la continuità. L'idea è quella di mantenere
contemporaneamente ma separatamente questi diversi punti di vista, questa
molteplicità di sguardi, lontani e ravvicinati".
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