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Cinema e teatro
Magdalene di Peter Mullan
(GB, 2002, drammatico; con: Anne-Marie Duff, Nora-Jane Noone, Dorothy Duffy, Phyllis McMahon)

di Maria Luisa Fagiani

Nel 1964 la Beatlemania era esplosa da un paio di anni, e negli Stati Uniti Bob Dylan aveva già cantato "Blowin' in the wind".
Ebbene, di questi tempi che cambiavano, dei costumi che mutavano, di questa musica nuova, di Bob Dylan e di John Lennon, non v'è traccia nella Dublino cattolica e sessuofobica raccontata da Peter Mullan nel suo Magdalene Sisters, meritato Leone d'Oro al Festival Cinematografico di Venezia 2002; un film asciutto, potente, claustrofobico e scioccante, che disvela con occhio "documentario" le nudità di una società conosciuta e familiare, sulla scia del maestro riconosciuto del "realismo sociale" britannico, Ken Loach, di cui Mullan è stato anche attore (My name is Joe), assimilandone la lezione di sobrio rigore e di impegno autentico e antiretorico.
La storia sembra ambientata in un fantapassato, lontanissima nel tempo e nello spazio dalle coordinate di inarrestabile modernità della contemporanea "swingin'London". E invece è proprio una storia vera, questa delle "Magdalene Sisters", accaduta in quel tempo e in quello spazio, all'ombra di un cattolicesimo vecchio e repressivo, misogino e antico. Nonostante i favolosi sixties fossero suonati da un pezzo.
Le protagoniste principali del film sono una sorta di trinità dolente, Margaret, Rose e Bernadette, colpevoli di cattivi comportamenti sessuali (anche solo presunti o potenziali), il peccato dei peccati nella Dublino di quell'epoca. Ma forse anche di questa epoca, se pensiamo che l'ultimo istituto delle Sorelle di Maddalena è stato chiuso solo nel molto recente 1996.
La storia è incredibile, si diceva, nella sua semplicità: Margaret viene violentata da un cugino durante una festa di nozze, Rose mette al mondo un bambino concepito fuori dal matrimonio, mentre Bernadette è orfana e bella. E tanto basta perché le tre ragazze si ritrovino, senza neanche capire tanto bene il motivo, nella premiata lavanderia delle "Magdalene Sisters", suore specializzate nel castigo e nella "redenzione" di giovani donne inciampate nel Peccato (leggi: sesso non coniugale). E di queste donne le sorelle si impegnano e si divertono ad annientare progressivamente ogni segno vitale. La vanità, innanzitutto, vizio capitale, come la gola, per cui le ragazze indossano camicioni informi e tutti uguali, non hanno uno specchio neanche in bagno, e per pranzo ingurgitano uno scolorito brodino. La dignità, poi, con la pubblica derisione dei corpi più imperfetti, e tagli di capelli offensivi come sfregi. La volontà stessa, infine, annullata attraverso l'estorsione di una cieca obbedienza ottenuta con minacce e punizioni corporali.
Le reazioni ai soprusi prendono forme diverse. Bernadette è pronta a tutto pur di fuggire, fino a promettere, in cambio di un aiuto, sesso e amore a un giovane garzone appena conosciuto, il quale però viene poi meno ai patti, confermando la cifra della vigliaccheria che contraddistingue le (poche) figure maschili della pellicola. Margaret progetta invece di scappare da sola, incoraggiata dalla fuga notturna di una compagna, ma viene poi dissuasa dal ritorno in istituto della compagna stessa, sfigurata dalle botte del padre (cameo di Peter Mullan) che non la rivuole in casa. L'altro atteggiamento possibile è invece l'accettazione, profonda o apparente, della propria condizione. Con rassegnazione e docilità, come nel caso di Rose, oppure cedendo alla disperazione e all'autodistruzione - quasi un riflesso condizionato -, come nel caso di Crispina, forse la figura più profondamente tragica di tutto il film. Ragazza madre, consumata dal senso di colpa e dalla nostalgia per il suo bambino, Crispina è resa ancora più instabile dal rapporto di soggezione sessuale che ha con Padre Fitzroy, sacerdote dell'istituto. Quando finalmente rinfaccerà al prete tutta la sua colpa, sarà lei a pagare, secondo uno schema punitivo ripetuto e incrementale: morirà in manicomio, di anoressia, all'età di 24 anni. Nel 1970. Quando i Beatles stavano già per sciogliersi.
L'allontanamento di Crispina rende tutte le ragazze più docili e arrendevoli. Finalmente Margaret, quattro anni dopo la sua entrata in istituto, viene "riscattata" dal fratello. Di lei sappiamo che non si sposerà mai, come non si era mai sposata la più anziana ospite della lavanderia, una donna di quasi 70 anni, che aveva passato lì tutta la vita e lì era morta, poco tempo dopo la partenza di Margaret. Proprio questa morte, passata inosservata, senza neppure il pianto di un parente, fa decidere a Bernadette di evadere dall'istituto. Convince Rose a tentare la fuga, e insieme riescono a forzare le serrature e a sfondare il portone d'ingresso. Finalmente libere.
Bernadette diventerà parrucchiera, e avrà una vita sentimentale ricca e turbolenta. Rose invece salirà su un pullman per Liverpool. La città da cui i Beatles erano partiti, ormai quasi un secolo prima. È il 1968. E Rose molti anni dopo riuscirà a incontrare suo figlio. Quando Dublino sarà diventata, per tutti i ragazzi, e le ragazze, del mondo, la città degli U2. Ovvero la patria di una musica nuova.


Immagine: un fotogramma tratto dal film