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mostra
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Domenico Puligo (1492-1527). Un protagonista
dimenticato della pittura fiorentina di Benedetta Moreschini Una mostra - quella dedicata a Domenico degli Ubaldini
alias Puligo - di nicchia, percorsa da pochi interessati e da quanti
in visita alla Galleria Palatina si concedono un excursus fra i
dipinti di un artista ai più del tutto sconosciuto, ma che d'altronde
è compreso nel biglietto; una mostra lontana dai clamori e dalle
ribalte pubblicitarie, e, proprio per questo, non sospetta di essere il
business che spesso condiziona l'ideazione di molte esposizioni
dei nostri giorni; ciò che, del resto, è sottolineato anche
dal Soprintendente Paolucci nella concisa e puntuale introduzione al catalogo.
Una mostra che ha il grande pregio di fornire un'idea complessiva della
personalità artistica di questo pittore, allievo di Ridolfo del
Ghirlandaio prima e di Andrea del Sarto poi, che nei primi decenni del
XVI secolo contribuì alla diffusione della lezione sartesca, rielaborandola
secondo una direttrice che, per non essere rivoluzionariamente anticlassica
come quelle di Pontormo e Rosso, è rimasta esclusa, finora, da
una accurata analisi di tipo monografico a tutto campo (sistema di studio
"vecchio" ma dimostratosi ancora assai valido laddove ci sia
necessità di chiarirsi e chiarire le idee) che avesse il coraggio
di affrontare una per una le attribuzioni proposte negli anni al Puligo;
perché - non è scontato sottolinearlo - fino a pochi decenni
fa, sotto il nome di Puligo confluiva una congerie di opere delle quali,
se per un verso si indovinava la matrice sartesca, dall'altro non si riuscivano
a spiegare alcune "stranezze" o debolezze che esulavano dalla
poetica del "pittore senza errori". |
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Immagine:D. Puligo, Madonna col Bambino e i ss. Sebastiano e Rocco, 1522-23 c., Budapest, Szépmüvészeti Múzeum |
Documenta
11 a Kassel di Lucia Francia e Alberto Salvadori
Il 15 settembre si è chiusa
l'XI edizione di Documenta, la più importante esposizione
internazionale d'arte contemporanea, che ha luogo ogni cinque anni a Kassel,
in Germania. |
Citiamo di seguito solo alcuni, che crediamo tra i migliori, lavori presenti in mostra: Western Deep dell'inglese Steve McQueen, The House della finlandese Eija-Liisa Ahtila, From the other side della belga Chantal Akerman, From/To dello statunitense Fareed Armaly, Out of Blue dell'ugandese Zarina Bhimji, The Uruguajan Torture Series del tedesco naturalizzato uruguaiano Luis Camnitzer, i ben tre lavori del libanese ATLAS GROUP, e per concludere gli italiani Multiplicity con il loro Solid Sea e gli indiani Raqs Media Collective con la bella installazione 28°28°N/77°15E::2001/2002 An Installation on the Coordinates of Every Day Life-Dehli. |
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L'esposizione è d'altra parte molto grande; essa si dipana infatti
attraverso cinque edifici collocati in diversi punti di Kassel, tra cui
anche una piccola parte all'aperto. Novità di quest'edizione è
il neonato spazio espositivo Binding Braurei, allestito dai giovani
architetti Simona Malvezzi, italiana, e i fratelli Kuhn, tedeschi. Immagine:Thomas Hirschorn, Bataille Monument, 2002 |